¸´¯`°¤.¸ _`¤ Rebelde Way¤´_ ¸.¤°´¯`¸

La Ragazza Preziosa, Storia Vera

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view post Posted on 3/8/2015, 23:35
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Ciao ragazze! Vi presento il prologo della nuova storia che incomincerò dopo aver scritto QUELLO CHE VIDI NEI TUOI OCCHI (molto presto!!)

Questa è una storia vera.
Sono presenti un linguaggio volgare e scene violente.
E' una storia dai contenuti forti soprattutto per noi ragazze, e finirà....


Prologo

Vivo in un presente a me rubato.
Mi guardo nei LORO specchi e mi riconosco di nuovo.
Ma LORO non mi riconoscono più.

“Sei troppo sexy”.
“Sei meravigliosa”.
“Sei bellissima”.
“Mi fai perdere la testa”.
“Mi fai diventare matto”.

Questo loro vedono in me.
L’anima da ragazza timida mi hanno strappato,
quella da ragazza desiderata mi hanno indossato.
La voce angelica,
il viso dolce,
smeraldi incastonati,
Paradisi tra i capelli.
Curve da toccare,
posti da esplorare.
Le mani addosso mi portano,
l’alito sopra mi soffiano,
l’impronta addosso mi lasciano.

E’ solo colpa loro…
che rinchiusa mi han lasciato,
a soffrire mi han portato
in quell’angolo buio e scuro
dove mille occhi puntati su di me... mi guardano.
 
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view post Posted on 4/8/2015, 20:05
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Mi piace, continuaaa
 
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«MaryBenja»
view post Posted on 6/8/2015, 10:53




MI PIACE MOLTISSIMO!! :wub:
NON VEDO L'ORA DI LEGGERE IL PRIMO CAPITOLO ;) :D
 
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view post Posted on 17/8/2015, 14:58
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Introduzione:

Non so se sono viva, né se sono morta.
Ricordo solo che poco fa ho sentito un dolore e ho chiuso gli occhi.
Non so dove mi trovo, ma non vedo nulla, neanche un colore, neanche quello nero o bianco. Allora, poi, varie immagini scorrono davanti a me, ai miei occhi.
Tutta la mia vita....

Febbraio:

-Mi devi baciare- Gli disse Camila all'improvviso.
Aveva avuto una giornata orrenda dopo l'incontro con Ross, poi aveva concentrato i suoi pensieri su Javier e, ora che lo aveva di fronte, finalmente glielo aveva detto. Dopo essersi agitata, bevuta quattro bicchieri d'acqua e averci girato intorno, finalmente era pronta a scoprire la verità: quali erano i suoi sentimenti verso di lui. Da moltissimi mesi voleva capire cosa li legava e, in quel momento, si sorprese di se stessa: mai durante tutti gli anni della sua vita aveva fatto una cosa simile e si sentì fiera di sé quando ci riuscì davanti al suo quasi migliore amico. Forse 15 era il numero giusto, quello che avrebbe cambiato per sempre la sua vita. Per troppo tempo aveva sofferto, si era sempre nascosta dietro la sua timidezza e ora aveva l'opportunità di sfogarsi con una persona che si era offerto a lei. O meglio, quasi offerto, neanche gli aveva detto cosa aveva in mente di fare!
La sua reazione fu scontata, pensò Camila mentre Javier faceva spallucce e si alzava dal divano di seta rossa pronunciando solo due lettere:
-Ok- La sua espressione sembrava indifferente, anzi, guardandolo meglio negli occhi sapeva che lui aveva le stesse intenzioni di tutti gli altri. Meno violente, però, dopotutto erano quasi migliori amici. Lei, un pò sorpresa per l'azione così brusca, affondò le mani nella tela della sua felpa.
-Aspetta, siediti - Gli ordinò. Doveva essere dura con lui, che con l'espressione un pò confusa pensava che non aveva mai visto una Camila più eccitante in vita sua. Non era più la solita Camila timida e noiosa, no, era diventata uno splendore di ragazza, erotica, sensuale e di carattere fortemente eccitante, e lui ovviamente non si scomodò a confessarglielo - Non mi vuoi chiedere niente? Cioè... non ti interessa sapere perchè te l'ho chiesto?- Era convita che gli potesse importare qualcosa. Non era esattamente così.
-No, Cami, non ti voglio chiedere il motivo per cui me lo hai chiesto. Ma se lo devo fare, lo faccio... - Le dita di una mano di lei si infilarono tra la massa morbida di capelli castani che le cadevano lunghi al lato della fronte, per poterli gonfiare. E lui la guardò attentamente fare quel semplice gesto pensando che fosse come quello che avrebbe fatto una Dea. Camila si sedette accanto a lui sul divano, ma subito dopo si rialzò e ricominciò a camminare. Javier sorrise dentro di sé pensando che ora la sua timidezza - dopo il suo cambiamento - risultava davvero provocante. La guardò camminare avanti e indietro, i suoi occhi la persorsero dal basso verso l'alto: aveva notato che i suoi seni si erano ingranditi rispetto all'ultima volta che l'aveva vista, le sue gambe erano più magre, toniche ed estremamente sexy. Si spostò un pò per vedere bene la curva del suo sedere... Oddio, quel sedere perfetto... - Camila, fattelo dire, hai messo su proprio un bel culo! E le tue gambe... sono spettacolari- Camila si voltò nel sentire le sue esclamazioni. Ebbene, quell'estate era andata a correre mattino e pomeriggio, faceva 7 km e aveva messo sù un pò di muscoli nella parte inferiore del corpo. Si guardò le sue proprie gambe pensando che quei jeans grigi chiaro tamponati di nero le rendessero più tozze. Non sapeva come rispondegli, l'ansia in quella sala si sarebbe potuta percepire anche all'esterno di quel ridicolo appartamento. Alla fine gli fece un piccolo sorriso e, in compenso, lei ne ricevette uno splendido ed enorme. Amava il sorriso di Javier, era il più bello che aveva visto in un ragazzo in tutta la sua vita; era completamente innamorata di quel sorriso. Riprese a camminare con i nervi a fior di pelle, e non ebbe neanche il tempo di voltarsi che già se lo trovava di fronte. Nonostante portasse le alte scarpe nere, gli arrivava un pò più in basso del mento. Fra tutte le persone che Camila conosceva - della sua età o di età inferiore di almeno due anni - lei era sempre la più bassa. Era, infatti, anche la più bassa della classe. A volte le persone scherzavano sulla sua statura, ma a lei non importava, anzi, si metteva a ridere insieme agli altri perchè neanche lei ci poteva credere. Vide gli occhi di Javier socchiudersi come le sue labbra e poi chinarsi per incontrare le sue. Per un attimo, Camila smise di respirare e i suoi occhi si spalancarono. "Oddio, lo stava facendo!", e ancora una volta era fiera di se stessa. Le ci volle del tempo per chiudere gli occhi, ma non era rilassata: la sua espressione esprimeva totale concentrazione. Non sapeva come baciare, lo aveva solo e sempre visto nei film, e provò con quelli. Un bacio da film. Lei alzò la testa per andargli incontro meglio; non stava avendo ciò che si aspettava. Prima di separarsi completamente le aveva dato un piccolo bacio a stampo. Cazzo, quanto odiava sapere che dopo quel bacio a stampo sarebbe tutto finito. Lui la guardò negli occhi verdi. Lei non provava neanche un brivido e non si sentiva assolutamente soddisfatta. Poteva sembrare crudele, però non si pentiva, almeno in quel momento, di aver dato il suo primo bacio con una persona che ora poteva confermare di non amare. "Chissà come bacia Benjamin...", si chiese immediatamente. Sapeva, e immaginava sfacciatamente, che sapesse baciare molto meglio di Javier. L'anno prima aveva avuto una stupida relazione con quest'ultimo ragazzo, dalla quale scappava sempre. La verità è che si era pentita di essersi messa insieme a lui in quei mesi, poichè la sorella Luisana e le amiche di tutto il loro gruppo facevano di tutto per creare gelosie inesistenti per far separare la coppia. Ora era felice di non aver baciato Javier in quell'epoca: sarebbe potuta rimanere sconvolta. Alla fine però, per compassione, gli sorrise.
-Wow- Esclamò poco entusiasta. Ma dopo si avvicinò di nuovo a lui per averne di più, mettendosi in punta di piedi per premere le labbra più a fondo nelle sue: ora sapeva come fare. Ma lui a quanto pareva... non sapeva proprio baciare come nei film. Baciava lento e brusco, mentre lei... era semplicemente selvaggia, attraente, femminile e sexy e voleva un bacio come Dio comanda.
-Andiamo in camera tua- Le disse, ma lei non voleva toccare il letto con lui sotto o sopra di lei... Non si sentiva sicura, il letto era il suo angolo del terrore, come lo erano le strade dove camminava tutti i giorni. Non stava mai sul letto, lo usava a malapena, preferiva dormire sul divano della sala. Il letto le faceva venire in mente ricordi troppo brutali. In camera di lei, i due giovani si baciavano e le mani di Javier non smettevano di stringerle dolorosamente i seni e le natiche. Poi una sua mano sfregò bruscamente il sesso della giovane coperto dal jeans e lei si separò immediatamente.
-Javier, sei vergine?- Era una domanda che lui non si aspettava.
-Sì...
-Io no, e non mi va di parlarne- Il suo tono aggressivo pareva milioni di coltelli che tagliavano l'aria. Ma Javier già sapeva che lei non era più vergine, lo sapeva ormai da quasi tre anni.
-Allora intanto posso pensare ai miei benefici, no?- Disse lui, e in un secondo lei si trovò spinta in quella trappola mortale della sua mente. No, lui non poteva pensare ai suoi benefici e non in quel modo, non come tutti gli altri facevano. Lei si rialzò subito e si allontanò prima che lui potesse salirle sopra.
-Non lo fare mai più - Disse in tono severo, ma terrorizzato. Lui guardò il dito che lo puntava dritto al petto, poi ritornò a guardare lei - Ti propongo una cosa: sesso. Avremo reazioni sessuali senza alcun tipo di impegno. Io sto al comando. Ne ho bisogno- Lui era perplesso l'ultima volta che l'aveva vista era ad Halloween, il 31 Ottobre, e ancora era una noiosa e timida ragazzina. Ora era tutto ciò che non si sarebbe mai aspettato: svergognata, sensuale e bellissima. E perchè ne aveva bisogno? Non ne aveva già abbastanza? E di cosa? Del sesso o del controllo?
-Perchè ne hai bisogno?- Si lasciò scappare. Giusto, perchè ne aveva bisogno? Lei lo chiamava "sfogo". Avrebbe potuto avere la prima relazione sessuale non forzata con qualcuno che quasi amava e che quasi la amava. I due si piacevano. Avevano sempre flirteato, si divertivano, ma mai nulla di serio.
-Non ti deve importare...
-Se devo accettare a fare questa cosa con te, ho bisogno di sapere...
-Senti Javier, ci sono tantissimi ragazzi in coda, tu sei solo uno di loro. Non ti sentire speciale. Ne ho bisogno per sfogarmi, il resto non sono affari tuoi- Era diventata anche arrogante e stronza, anzi no, quello lo era diventata all'improvviso due anni prima. Non sapeva quasi niente di quello che le era successo in quegli ultimi anni. Non era niente di bello. Ma, nonostante il suo carattere, non poteva perdersi un'occasione come quella: andare a letto con la ragazza più preziosa che mai aveva avuto il beneficio di scoprire.
-Ci sto. Ma neanche una parola con nessuno e nel momento in cui tu o io troveremo un partner ci fermeremo per poi riprendere quando non avremmo più vincoli. Ok?- Chiese porgendole la mano. Doveva rispondere, ma era ancora in tempo per fermare tutto e lo sapeva bene. Però, come tutto quello che era la sua inutile vita, fece un altro errore stringendogli la mano.
-Ok
 
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view post Posted on 24/8/2015, 22:43
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Capitolo 1

Settembre:

Era troppo eccitata: si alzò alle quattro del mattino per farsi la doccia, lavarsi i capelli e calmare i nervi che le mangiavano il cervello. Vestita di pantaloncini jeans chiari e molto corti, da una cannottiera rossa scollata e All Star nere e bianche, Camila si guardò di profilo allo specchio: aveva perso otto chili quell'estate correndo mattina e pomeriggio e seguendo pasti composti solo da insalate, pesce e raramente uova. Si era messa sempre in movimento, constatando che perdeva in media sette grammi alla settimana, ma c'erano quelle settimane in cui riusciva a perderne anche quasi cinque in più. Camila passò il suo sguardo lungo le sue gambe magre e toniche, pensando che sua madre qualche mese prima l'aveva rimproverata per essere grassa. Beh, ora non era più così. Bevve un altro bicchiere d'acqua e ritornò in bagno con aria preoccupata e nervosa, senza far rumore per non svegliare Sonia e Luisana. Alle 6:45 salì sul solito treno che l'avrebbe portata a Reggio Emilia, per poi fare 15 minuti a piedi per arrivare alla sua scuola. Dopo essere stata bocciata l'anno prima per una depressione che le impediva di concentrarsi sugli studi, sperava che quella fosse la scuola adatta a lei. C'è chi pensa che a 13 anni si è troppo giovani per decidere quale scuola ti dovrà portare verso il fututo. Camila era una di quelle persone, ma ora aveva 15 anni e sperava di aver preso la strada giusta. Appena girato l'angolo della strada, camminò per qualche altro metro fino a trovarsi al portone della scuola, che era ancora chiuso. Si guardò intorno con le mani sui fianchi: si era già stufata. Poi vide un ragazzo seduto sul muretto del parco di fronte che, in tutta la sua magnifica bellezza, stava probabilmente anche lui aspettando che si aprisse il portone. Camila si chiese immediatamente se si sarebbe ritrovata in classe con lui, poi si diede uno schiaffo mentale: la sua eleganza e il suo rispetto a ciò che lo circondava lo rendeva un adulto. Camila pensò che fosse probabilmente un professore estremamente giovane, e non solo perchè con sé portava una valigetta nera e una giacca nera elegante gli avvolgeva la schiena. Secondo i suoi calcoli, lui era molto alto e il busto rannicchiato su se stesso in realtà svelava muscoli che potevano far avverare i sogni di tutte le ragazze. Era il suo primo giorno di scuola, ed era incominciato bene

Passarono due settimane e Camila, come tutte le mattine, prese il treno per andare a scuola e, mentre faceva il tragitto per uscire dalla stazione, tutti avevano incominciato a fermarsi e a guardarla, facendole i complimenti o seguendola. E lei scappava. Era da sola e il suo migliore amico Felipe - alias Fratellino - sì, andava a scuola nella stessa città, ma si fermava alla fermata prima. Adorava Felipe, e lui adorava lei, tanto che decisero di diventare fratelli del cuore, e lui era diventato fratellino perchè Camila compieva gli anni in Agosto mentre lui a Dicembre. Arrivata a scuola, finalmente sapeva di essere al sicuro, ed entrò nell'atrio con lo sguardo fuori dal portone. E pochi minuti dopo arrivarono alcune compagne ed incominciarono a chiacchierare. Al primo intervallo Camila andò diretta da Laura:
-Andiamo a vedere mio marito??- Sì, così aveva nominato Benjamin, il primo ragazzo che aveva visto il primo giorno di scuola. In quelle due settimane non aveva scoperto solo il suo nome, ma anche che andava nella 1C, che aveva la sua stessa età, che i suoi occhi erano color cielo e che era di origine moldave.
Laura le offrì il braccio e passarono davanti alla classe del ragazzo almeno otto volte, fino a quando Camila sentì che la sua testa girava. Letteralmente, si sbilanciò e andò a sbattere contro al muro.
-Oddio Cami, stai bene? - Lei era appoggiata al muro e vedeva tutto girare. Ma cosa le stava succedendo? Gli occhi azzurri di Laura erano terrorizzati, ma prese in mano la situazione quando Camila incominciò a sudare e ad avere il fiatone - Camila ascoltami, respira, vieni, andiamo in bagno - Camila con tutte le sue forze e col sostegno di Laura, andò in bagno e si sedette su una sedia mentre l'amica le rinfrescava il viso con l'acqua e le offriva la sua bottiglietta da bere. Poco dopo incominciò a calmarsi - Stai meglio?
-Sì... credo di sì... Ma che cazzo è successo? Porca puttana, ci manca solo che muoio, e poi tu come fai senza di me? E il mondo come farà senza le mie battute di merda?? E Benjamin??? Nooo!! Benjamin verrebbe nella tomba con me!
-Ok, sta bene- Disse Laura tra sé e sé mentre ridacchiava. A Camila piaceva farla ridere, per questo faceva la scema e diceva quelle cose. Adorava Laura con tutta l'anima, ha sempre pensato che fosse la sua piccolina, anche se era più alta di lei e di un anno in meno. Ovvio, tutti erano più alti di Camila!
Durante le due ore successive d'italiano, Camila si sentì di nuovo male, sentiva che le mancava il respiro, sentiva la pelle e le labbra secche. Stava ricominciando a sudare. Guido, che era seduto accanto a lei, ragazzo che già conosceva da tempo e che odiava anche se adorava, aveva notato il suo malessere e ogni tanto le chiedeva se stava bene. Poi sentì la professoressa farle una domanda, ma lei non riusciva a parlare. Guido le mise una mano sul ginocchio per darle forza, ma non era abbastanza. Per fortuna, Laura rispose e la professoressa si dimenticò di Camila. Quando suonò la campanella, tutti si diressero al piano terra per andare in laboratorio e Guido aiutò Camila a portare giù le sue cose. Dopo tre rampe, si fermarono e aspettarono in un angolo vicino all'ascensore rotto che la gente se ne andasse. E lì qualcosa dentro il busto di Camila si ruppe: si portò una mano al petto e strinse gli occhi dal dolore, si inginocchiò e si chiuse in sé stessa fino a quando cadde a terra e il suo respiro cessò.
Camila aprì gli occhi. Si trovava in infermeria su un lettino, Guido era seduto su una sedia, il professore di Disegno Tecnico, che aveva il laboratorio nella classe accanto, camminava da una parte all'altra e dei paramedici sistemavano l'attrezzatura. Portava una mascherina e si sentiva incredibilmente stanca.
-Camila!- Esclamò Guido alzandosi e andando allarmato verso di lei. Il professore lo fermò all'istante.
-Stai lontano, ragazzo - Lo avvertì un paramedico - Allora Camila. Ti voglio fare un paio di domande: dimmi cosa è successo esattamente - E Camila glielo raccontò - Ti è capitato altre volte?
-No, non ho mai sentito dolori al torace e ho sempre respirato bene
-Prendi delle medicine?
-Delle vitamine, l'antistaminico e la pillola anticoncezionale
-Quindi hai relazioni sessuali...
-Sì... ma protette
-Hai qualche malattia?
-CHE!?
-Vedi, quando non sei riuscita a respirare il sangue non è più arrivato al cervello e per questo hai incominciato a sudare. Poi non ti è più arrivato ossigeno e il battito ha incominciato ad indebolirsi. Ti abbiamo preso dei campioni di sangue e abbiamo avvisato la tua famiglia: tuo padre sta arrivando
-Fantastico, vedo che oggi la giornata sarà movimentata, senta io voglio ritornare in classe, sto benissimo, come vede respiro e le prometto che non succederà più, quindi...
-Ah si, stai bene? Non sapevo fossi un dottore, però io voglio vedere la licenza- Rispose sarcastico il dottore.
-Eh, vabbé, posso almeno salutare Guido? E' un mio compagno di classe, era tanto preoccupato quanto lei, penso che dovrei consolarlo- Il dottore rise e lo fece anche Guido mentre andava da Camila.
-Senta, ci scusi, è una ragazza con un brutto carattere...- Si scusò il professore mentre i paramedici se ne andavano.
-Hey prof, guardi che la sento!- Lo avvertì mentre si sedeva e abbracciava Guido.
-Tu pensa a fare la sdolcinata col tuo amico, Bordonaba- Camila rise e strinse il gorilla che aveva davanti a sé. Questo le baciò la testa.
-Sicura di star bene?
-Ma cosa avete tutti oggi? Non sono morta, sto benissimo!
-Camila io ti voglio un mondo di bene, però questa è una cosa seria, mi sono spaventato molto...
-Ayy, però non piangere per me eh, che dolce che sei...- Disse lei con fare sdolcinato mentre prendeva il viso di Guido e gli dava milioni di baci sulla guancia.
-Camila!- Ella sentì il ruggito scioccato del padre e si separò da lui scusandosi con lo sguardo. I due guardarono verso la porta e videro Martin e il professore, che stava ridendo. Martin, invece, sembrava piuttosto molesto.
-Papà non ti preoccupare, mantieni la calma e ricorda che io ho solo occhi per te- Disse la ragazza alzandosi e camminando verso suo padre.
-Grazie di tutto, e grazie anche a te- Disse un Martin severo a Guido.
-Questo e altro, signore. Sua figlia è un vero terremoto
-Lo so, fidati- Martin passò un braccio sulle spalle della giovane, la baciò tra i capelli castani e mossi e se ne andarono a casa.
Il giorno dopo non era neanche riuscita in tempo ad appoggiare lo zaino sul banco, che milioni di persone le si avvicinarono per chiederle come stava e cos'era successo. 'Manco fosse Barack Obama.
All'intervallo, Manuel, il buffone della classe, si diresse da Camila con Jazmin e Caterina che lo rincorrevano: erano migliori amici.
-Oh Cami, sai che ieri sono andato ai Petali* e ho visto e ho visto Benjamin che correva?
-Sì, e indovina un pò... - Continuò Caterina. Le labbra della giovane si incurvarono in un sorriso. Caterina aveva un bellissimo sorriso, tutta lei era bellissima e Camila pensava infatti che fosse la più bella della classe, senza trucco, - solo un filo di mascara - i grandi occhi marroni e la chioma di capelli gonfi che le cadeva lungo la schiena. Aveva un fisico eccezionale, e Camila era ossessionata del grande neo che aveva alla tempia sinistra: quel piccolo pallino la rendeva ancora più bella - ... era a petto nudo!
-Nooo!! - Si lamentò drammaticamente Camila a occhi lucidi - Volevo esserci anche io, sarei venuta sul posto!- Le persone in torno a lei risero al suo commento da adolescente disperata, poi, come ogni giorno, Camila passò le dita tra le ciocche di Caterina depositandole dietro il suo orecchio per scoprire il neo e poterlo ammirare. Lei rideva sempre a quel gesto, e anche Manuel: a volte trovavano Camila un pò strana. Ma tutto aveva un perchè, e nessuno avrebbe mai potuto immaginare che dietro la maschera da ragazza dura, arrogante, simpatica e sicura di sé si nascondesse in realtà un'anima maltrattata.

*"I Petali" è un famoso centro commerciale di Reggio Emilia.
 
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giulyminuel:)
view post Posted on 24/8/2015, 22:53




TI PREGO...
CONTINUAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAASAAAASSAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA
 
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view post Posted on 30/8/2015, 13:06
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Capitolo 2

Ottobre:

Era un martedì e le ultime due ore le avrebbero impegnate a fare disegni in laboratorio. Camila si sedette in un banco e subito dopo arrivò Jazmin che si mise davanti a lei nel banco accanto.
-Allora, raccontami la tua vita- Le chiese Jazmin con la matita i mano. Si sistemò i grandi occhiali quadrati e scrisse il suo nome sul foglio bianco.
-E perchè dovrei farlo?
-Per conoscerci un pò- Sembrava tanto allegra. Camila era una di quelle persone che in certi momenti delle giornate si sedeva e meditava sulle persone: le guardava una ad una e sapeva dire quanto soffrissero dentro di loro. Però con Jazmin era diverso: era come se avesse una barriera che respingeva gli sguardi delle persone, come se avesse la forza di non far rivelare la sua anima alle persone.
-O per farti i cazzi miei? E poi, che ti dovrei raccontare? La mia vita è una merda
-Anche la mia, ma certe volte fa bene condividere le proprie disgrazie, no?
-... Ecco... Ok, ho quindici anni, l'anno scorso sono stata bocciata perchè ero in depressione e marinavo la scuola - Manuel, che era nel banco accanto a quello di Camila, smise di disegnare - Tutto però incominciò quando avevo dodici anni. Ero andata in Puglia a casa di mia nonna e mio zio con mia madre e mia sorella. Un giorno rimasi da sola perchè non avevo voglia di andare al mare, poi però... successe una cosa che in questo momento non mi va raccontare...
-Dai oh, ora ce la racconti, ci fai incuriosire così- Disse Jazmin.
-Ho detto di no - Ribattè duramente Camila guardandola negli occhi con i suoi lucidi. Si stava sorprendendo di quanto riuscisse a rimanere calma, senza versare neanche una lacrima al ricordo... - Quando ritornai qui, tutti sembravano avere un comportamento diverso con me: mi trattavano come una puttana o una cretina, c'era chi mi voleva sputare addosso, i ragazzi mi si avvicinavano senza buone intenzioni e le ragazze mi prendevano in giro. Qualche anno fa ero anche una cicciona, e pensavo che fosse per questo che mi prendevano in giro, e anche perchè mi metto vestiti attillati e scollati. Dovete sapere che non ho una famiglia con i soldi e tutti i vestiti che indosso non sono miei ma me li hanno regalati. Poi a tredici anni mi successero molte altre cose ed incominciai a bere...
-Quindi tu sei...
-Sì, sono un'alcolizzata. Ho incominciato a bere perchè pensavo che volevo dimenticare ciò che mi accadeva intorno. Da quell'estate dei dodici anni anche mia madre e mia sorella si comportano diversamente con me: mi insultano, mi picchiano, mi sbattono fuori di casa dicendo che farei sicuramente cose più divertenti in strada. Invece mio padre e io ci amiamo e siamo una cosa sola, l'unico è che si è messo insieme ad una troia che m'insulta e mi da sberle quando le va per sfogare la sua rabbia. Che si faccia altamente fottere. Abito in un quartiere malfamato e criminale, se guardate nella mia giacca e nel mio zaino vedrete che vado in giro armata. La mia casa sembra che sta per cadere a pezzi e non dormo mai sul mio letto: o a terra o sul divano. Non ho mai avuto un ragazzo, né il primo bacio e mi sono innamorata per la prima volta nella mia vita quando ho visto Benjamin e dopo aver conosciuto voi
-Ti posso chiedere una cosa? - Si voltò Eleonora che era nel banco di fronte - Sei sempre stata stronza?
-La verità è che in un'atra vita ero una ragazza timida che non sapeva relazionarsi con le persone. Ero noiosa, parlavo solo di matematica ed italiano. Poi però, quando a tredici anni capii quanto la gente fosse stronza, ho voluto imparare da loro e mi sono trasformata nella ragazza che sono oggi
-Ma tu non sei solo questo - La interruppe Laura che stava passando attraverso i banchi e l'aveva ascoltata parlare - Sei anche una ragazza pazza, simpatica, coccolosa e amorosa, e ce lo dimostri ogni giorno
-Laura ha ragione- Commentò Jazmin. Ma Camila subito le porse la stessa domanda che Jaz le aveva fatto inizialmente. Lei trovò la scusa del "Devo andare in bagno" e se ne andò. Camila sapeva benissimo che quello era il comportamento di una persona riservata. Jazmin, quindi, aveva dei segreti.

Quel weekend Camila sarebbe dovuta andare dal padre, così, dopo aver passato il pomeriggio a Reggio con Jazmin, andò a prepararsi lo zaino a casa di sua madre e poi andò da suo padre. Mentre camminava in un vialetto, Camila si sentiva perseguitata, poteva percepire i rumori di passi dietro di lei. Allora si girò e vide tre uomini sulla quarantina e più che la seguivano. Si rigirò allarmata quando uno di loro le sorrise. Dopo un pò si girò di nuovo, vide che uno di loro era sparito e, quando tornò a guardare davanti a sé, si scontrò con l'uomo che era sparito. Cambiò direzione per scappare, ma i due uomini dietro di lei la presero le braccia.
-C-Cosa volete da me?
-Tranquilla, bella bambina - Disse quello dai capelli quasi tutti grigi - non vogliamo farti del male - Le prese una ciocca di capelli e la fece arrotolare intorno al suo dito - Hai degli occhi stupendi, piccolina- Incominciarono a camminare mentre la ragazza cercava di liberarsi, fino a quando uno di loro la prese in spalla.
-Lasciami! Dove mi volete portare!?- Camila sentì le loro risa quando incominciò a chiedere aiuto. Si dimenava continuamente e il cuore le batteva velocissimo. Poi sentì il rumore di una sala cinesca e venne fatta cadere su una base di metallo, sbattendo violentemente la testa. A quel punto, tutto le sembrò girare in modo lento: i loro movimenti per tenerla stretta, i suoi per liberarsi, i rumori, le voci, le sue grida... Con una corda le legarono le mani, poi la misero a pancia in giù, le sollevarono la gonna svolazzante fino al ginocchio e sentì una cosa pungente che penetrava dietro la sua coscia. Si mise a gridare per un bruciore. Poi non sentì più nulla, si sentiva strana, stravolta, paralizzata, smise di lottare e di gridare. Si sentiva affaticata e i polmoni incominciarono a farle male ad ogni respiro, sentiva come una pressione sul cuore, e tutto ciò mentre la svestivano. Poi non ricordò nulla...
Quel tardo pomeriggio, i tre uomini abusarono di lei in varie forme dentro quel camion e tre ore dopo aver finito, quando notarono che Camila non reagiva, gettarono il suo corpo in mezzo all'erba insieme allo zaino.
Quando riaprì gli occhi, le faceva male la testa e si sentiva ancora più confusa di prima. Non ricordava nulla e sentiva il mondo pulsare sotto il suo corpo. Alzò lo sguardo e vide che c'era una ragazza straniera accanto a lei che le bagnava la fronte. Camila si separò da quella ragazza di scatto e si sedette per poi guardarsi in torno, ma i movimenti bruschi le fecero salire a bile in gola e incominciò a vomitare. Almeno sapeva dove si trovava.
-Oh, ragazza tu stai bene? - Le chiese la straniera col velo viola che le copriva il capo. Camila solamente si alzò lentamente e incominciò a camminare - Ragazza, per favore...- La straniera la seguì, però Camila le fece gesto di starle lontana e, dopo aver recuperato lo zaino, se ne andò a casa di suo padre.
-Ti sembra questa l'ora di rientrare? - Le chiese Martin, seduto a tavola - Siamo stati in pensiero fino ad ora, Camila
Camila aveva il viso di una che ha passato la notte in bianco e si sentiva ancora stordita.
-Mi hanno drogata- Disse lei con voce acuta e stanca, come se non ci credesse nemmeno lei.
-Ah bene, - Disse la Troia, che aveva in braccio Gabriel - noi siamo qua che ci preoccupiamo per te e tu ti droghi, e immagino che ti sarai anche scopata mezzo paese, o sbaglio?
-Fuori da qui!- Ruggì Martin, indicando la porta di casa.
-No Martin, io non volevo dire questo, è che ero molto preoccupata...
-Non hai sentito mio padre? - Disse Camila - Vattene
-Tu non t'immischiare, bastarda...- A quel punto Martin la prese per il braccio e la fece uscire di casa.
-Perchè la tua gonna è bagnata?- Chiese Luisana, che era seduta sul divano. Lei abbassò la testa per guardarsela, poi sollevò la seta per annusare e sentì l'odore del sesso nelle sue narici. Un'altra ondata di vomito le colpì lo stomaco e corse in bagno. Martin parlò con Camila, che gli disse di aver chiesto ad un'amica di una sua amica una pastiglia per il mal di testa e invece l'avevano ingannata dandole la droga. Lui voleva andare in ospedale per farla visitare, ma Camila gli disse che sarebbe stato solo una perdita di tempo perchè non sentiva dolori. Ma non era così: le faceva male tra le gambe - e anche un pò più indietro -, la mascella, la testa e sentiva una gran pressione sul petto.
Camila non riuscì neanche a mangiare tanto che vomitava e quando andò a dormire Luisana, che era sdraiata accanto a lei nel letto matrimoniale, le chiese:
-Allora, ti sei fatta tutti i marocchini che ci sono per strada?
-Vaffanculo, Luisana- Rispose la sorella, arrogante, poi si alzò, prese il cuscino e tentò di dormire sul grande divano nero della sala.
 
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ribelliparasiempre
view post Posted on 14/9/2015, 09:46




bravaaaa ;) continuaaaaaa :woot: sei brava povera marizza le fanno di tutto... :cry:

Edited by ribelliparasiempre - 14/9/2015, 13:49
 
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view post Posted on 17/9/2015, 16:26
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Capitolo 3

Novembre:

All'intervallo Camila lasciò perdere Benjamin per andare dalla sua amica Jazmin, che rideva come una pazza insieme a Manuel. Camila trovava strano il fatto che Jazmin fosse sempre sorridente e quando ti parlava non riuscivi mai a capire se lo stava facendo seriamente o la prendeva a ridere.
-Amore, vieni, ti devo parlare- Le disse prendendola per il braccio. Si sedettero nei banchi più lontani dalla gente.
-Dimmi
-Dai, raccontami la tua storia - E prima che la bionda potesse replicare Camila la interruppe - e non mi dire di no perchè non sarebbe corretto. Io ti ho raccontato la mia
-Ok... però poi voglio sapere una cosa su di te - Quest'affermazione mise in moto i suoi ingranaggi. Cosa voleva sapere ancora? - Allora... fumo da quando avevo dodici anni e bevo dall'anno scorso. Ho due sorelle di trent'anni che sono delle streghe e lo è anche mia madre. Lei mi picchia e lo fa con qualsiasi cosa trovi in giro. Mi dice sempre che sono il frutto di un'amore sbagliato, che sono il più grande errore della sua vita... Mio padre... è morto di cancro ai polmoni quando sono nata e mia madre mi ricorda ogni giorno che è stata colpa mia se è morto...
-Ma tu lo sai che non è colpa tua, vero?- Lei annuì lentamente. Poi si tirò su le maniche della maglia facendo vedere le braccia.
-Mi taglio da cinque anni- Le sue braccia erano coperte da cicatrici e da tagli incrostati, uno dietro l'altro, fitti e precisi. Era piena ovunque. Le disse che ce li aveva anche nella pancia, nelle gambe e nei bicipiti. Camila, nel guardare quelle immagini rimase ad occhi aperti. Non perchè le faceva schifo, la impressionava o voleva insultarla, ma perchè era sorpresa di quanto male era riuscita a farsi.
"La lama mi rende felice, farlo mi rende allegra".
-E non ti fa male?
-Solo un pò all'inizio e l'intero giorno dopo. Però mi fa sentire meglio- Jazmin le aveva anche raccontato i modi di suicidio che inutilmente aveva provato e le fece vedere la cicatrice di un taglio al polso, raccontandole che dopo averlo fatto era stata portata in ospedale per un collasso. Parlando con lei, ascoltandola, Camila non riuscì a credere di aver trovato una persona esattamente uguale a lei in certi modi di dire, fare e pensare. E poi pensò che, nonostante tutto ciò che le aveva raccontato, lei sorrideva. Non riusciva a piangere e continuava a ridere con energia e, quello, fu sempre ciò che Camila ammirò di Jazmin.

"Che molto stanco il tuo sorriso non andava via".

"Sono un grande falso mentre fingo l'allegria".

-Quindi, che mi volevi chiedere?- Ricordò Camila con cautela a Jazmin.
-Cosa ti è successo nell'estate dei tuoi dodici anni?- Camila rimase in silenzio pregando che qualcosa fermasse quel momento di confessione. Ma nulla accadde.
-Beh... ecco... te lo scrivo, ok?- Jazmin sollevò le spalle e fece comparire un foglio e una biro sotto il naso della giovane. Lei chiuse gli occhi e scrisse senza guardare dicendosi che glielo poteva raccontare, perchè ormai parte della sua anima apparteneva anche a lei.

Fù un venerdì che il cuore di Camila smise di nuovo di battere....
Erano in palestra e Camila era già in campo ad allacciarsi la scarpa, chinata, col piede appoggiato su una panca. Guido era passato e le aveva strizzato una natica.
-Dio, Guido! - Esclamò girando la testa per fulminarlo con lo sguardo, ma poi arrivò anche Nabba, un ragazzo cubano della sua età, che le diede una pacca sul sedere - Che palle! - Esclamò infine, e li rincorse per tutto il campo fino a quando ne perse uno di vista e all'improvviso si ritrovò caricata sulla spalla di Guido - Mettimi giù, stronzo!
-Ora che mi hai insultato, no- Disse, e le diede una pacca sul sedere.
-Ay! - Esclamò la ragazza - Prof!, Gli dica di lasciarmi!- Piagnucolò e poi si dimenò su di lui quando capì che il prof era troppo divertito per fare una cosa simile. I ragazzi si stavano divertendo a vedere Camila aggrappata alla sua schiena per paura di cadere e alla fine incominciò a ridere anche lei quando aveva capito che era inutile lottare. Dopo un pò di tempo gli chiese:
-Ok, dai, ora mi puoi mettere giù, per favore?
-D'accordo- Disse e la mise veramente giù, solo che per farlo passò le dita e le mani lungo il su sedere e un pò del suo sesso.
-Dai, Guido! Sei uno schifoso pervertito!- Esclamò lei spingendolo via. Si sedette su una panca aspettando che incominciasse la lezione. Avevano due ore prima di tornare a casa e, sapendo che avrebbero dovuto fare calcio, già voleva andarsene. Però mancava solo mezz'ora alla fine, e si diede la forza di continuare.
-Prof ma devo proprio farlo io? Non sono brava, non mi piace questo gioco, ma come le è saltato in mente che potessimo farlo!?- Si lamentò Camila con davanti ai suoi piedi il pallone.
-Bordonaba smettila di lamentarti e calcia la palla- Lei, con aria offesa, fece un passo indietro.
-E voi non vi lamentate se non vado in porta!- Avvertì i compagni. Poi portò indietro la gamba per poter colpire la palla ma d'un tratto tutta l'aria che contenevano i suoi polmoni le uscì dalla bocca con un rumore sordo e le orecchie incominciarono a fischiarle. Stavolta la mano se la portò più verso destra e di poco sotto ai seni, e cadde a terra rumorosamente atterrando prima sul ginocchio destro e poi sul fianco, fino a sbattere la testa sul pavimento. Aveva chiuso gli occhi dal dolore e stava cercando di prender fiato ma era come se qualcosa le tappasse le vie respiratorie. Smise di muoversi quando il suo corpo fu a pancia in giù.
-Camila!- Esclamò Guido e lui, Laura, Jazmin e altre persone si misero accanto a lei.
-Toglietevi tutti da qui- Ordinò il professore inginocchiandosi. Girò il corpo di Camila e controllo il suo battito cardiaco attraverso il polso, in mezzo alle due clavicole e appoggiò la testa sul suo petto.
-Prof, non respira- Disse ansioso Guido mettendo le dita davanti alle sue narici. Poi, però, Camila ricominciò a muoversi. Girò da un lato la testa e fece un gesto di dolore portandosi la mano sul punto dolente del cranio.
-Ayyy, la testa...- Fece un pesante respiro, e sentì che qualcosa dentro al suo petto soffiava e le faceva un leggero solletico, ma non ci badò molto.
-Camila, stai bene?- La giovane alzò lo sguardo e guardò i visi bianchi delle persone intorno a lei.
-Ma sì, sto bene, non è successo nulla
-No infatti, sei solo morta per cinque minuti buoni- Esclamò un ragazzo, che venne rimproverato da vari compagni.
-Guarda, non ti prendo a pugni solo perchè c'è il prof- Disse Guido.
-Ok, grazie per il sostegno Guido, anche voi bella gente, però ora vorrei alzarmi- Disse Camila sollevando il busto con i gomiti.
-No, tu rimani qui...- Incominciò a dire il professore spingendola per farla sdraiare a terra.
-Professore, l'ambulanza è arrivata!- Esclamò la bidella.
-Oh no, vi prego! Chiamate tutti, i pompieri, la polizia, la guardia forestiera, ma l'ambulanza no!- Poi la giovane alzò lo sguardo e vide che i paramedici stavano arrivando con un lettino.
-Ma guarda chi c'è qua!- Disse il solito paramedico.
-Ma lei lo fa apposta per venire a trovarmi o cosa? Posso salire da sola su sto coso! - Esclamò quando la preserò per metterla sopra al lettino - Ma non posso venire con voi, avete visto come sono vestita? E poi sono sudata e puzzo, non mi sembra proprio il caso che io venga
-Signorina, per favore, smettila di fare storie perchè è inutile
-Beh, visto che a quanto pare ci vedremo per molto, ci dobbiamo presentare: io sono Camila Bordonaba, e lei?
-Sono il Dottor Bass e sono colui che sta seguendo il tuo caso
-Caso? Quindi vuol dire che posso andare in carcere?
-No, vuol dire che al massimo puoi andare in ospedale, come faremo ora
-No, no! Perchè non mi controlla qui, eh? Anche qui c'è l'infermeria
-Portatela in infermeria, allora - Disse il dottore ai suoi aiutanti - Fa sempre così tante storie?- Chiese Bass ai ragazzi.
-Più o meno
-Bene, ora ho bisogno che tutti voi, compreso lei professore, mi raccontiate cos'è successo - E, dopo aver sentito la loro storia, entrò a vedere Camila - Perchè devi sempre fare la bambina capricciosa quando devi andare in ospedale?
-Perchè non mi piacciono gli ospedali, mi fanno star male
-Emotivamente?
-Sì, ma a lei non deve importare
-Beh, secondo la tua cartella clinica, in mio possesso per aggiornare gli esami che ti stiamo facendo, potrei dedurre perchè ti agita tanto andarci
-N-Non so di cosa sta parlando- Balbettò Camila.
-Secondo quel che c'è scritto qui, nell'Agosto del 2010 sei stata inviata nel reparto d'emergenza per...
-Non lo dica. Per favore, non lo dica- Sussurrò la ragazza con voce rotta.
-Senti, io sono qui per aiutarti e non voglio farti del male. Qua ci va in gioco la tua vita. Io te lo dico con sincerità, stiamo indagando sui tuoi polmoni e sul tuo cuore, prima o poi dovrai ritornarci in ospedale- Camila annuì consapevole e rimase ferma e in silenzio mentre i dottori facevano il loro dovere.
Camila era una di quelle persone che facevano finta di nulla, ma non negavano l'evidenza. E lei non negava che sentiva che qualcosa nella sua vita stava per cambiare come tante altre. Ma in bene o ancora una volta in male?
 
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ribelliparasiempre
view post Posted on 17/9/2015, 16:46




la storia è tristissima ma è davvero commovente :cry:
 
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view post Posted on 29/9/2015, 17:00
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Capitolo 4

Dicembre:

Quel sabato uscirono tutti due ore prima e Camila si era fermata al parco con Jazmin e Pilar. Quest'ultima, era una ragazza rossa e riccia, la pelle rosea e gli occhi che facevano ricordare la cioccolata calda d'inverno. Pilar era una di quelle ragazze che si pensava che gli angeli le avessero ceduto le corde vocali: cantava con una tale potenza e desiderio, e lo sapeva fare così bene che ogni volta che Camila la ascoltava la sua schiena veniva percossa da brividi incontrollabili. Però era una persona falsa, o almeno questo dicevano le persone che la conoscevano. Certo, era una di quelle persone che pensavano che la vita facesse schifo, che si vivesse nella depressione e che era meglio morire. Era una di quelle ragazze che aveva sempre il broncio, e moltissime persone si burlavano di lei ma Camila no, Camila amava tutti compresa lei, ed era sua amica.
Le due ragazze fumavano mentre Camila se ne stava lì, seduta al muretto, a guardarle mentre il fumo le passava come aria sul viso, entrandole negli occhi e facendoglieli seccare.
-Ne vuoi una?- Le chiese Jazmin per poi buttare il fumo che teneva dentro i polmoni da quattordicenne.
-Non ho mai fumato in vita mia, però ho sempre desiderato provare...
-Tieni, fai un tiro- Le propose la ragazza offrendole la Chesterfield.
-Oh, nono, non intendevo dire...
-Ma perchè scusa, provala dai, il peggio che ti può succedere è che tu ne voglia ancora - La incoraggiò Pilar - Aspetta Jaz, magari facciamole provare la mia che non è molto forte
-Sì Pilar, hai ragione
-Dai- La incoraggiò nuovamente, offrendole la Camel alla menta. Camila guardò la sigaretta fumante e la prese tra le dita.
-E ora?
-Mettila in bocca, prendi il fumo, poi lo butti giù tirando l'aria tra i denti e poi lo tiri fuori- Le spiegò Jazmin, e Camila lo fece. Una volta che prese il fumo, riconsegnò la sigaretta a Pilar e buttò in giù il fumo. Ma qualcosa di strano accadde nei suoi polmoni e tossì buttandolo fuori. Aveva sentito qualcosa bruciare e pizzicare violentemente al contatto col fumo.
-Stai tranquilla, è normale, ma per essere la prima volta lo hai fatto bene- Commentò Jazmin. Camila ricordava quel giorno come se fosse ieri, il 20 Dicembre.

Era nel bagno nella casa dei suoi nonni in Puglia, precisamente del padre di Martin, con la sorella Luisana per passare tutti insieme le vacanze di Natale. Le sue zie erano nella cameretta con Luisana che parlavano di ragazzi e Facebook mentre lei pensava a ciò che le avevano confessato il giorno prima....
Martin aveva divorziato da Sonia per uno stupido errore che gli aveva segnato il cuore. All'epoca Sonia stava molto tempo al computer, creava siti Internet e blog e si ritrovava molto spesso a chattare con le persone. Martin un giorno si fece convincere da una donna, che poi diventò la sua l'amante segreta per 3-4 anni, e litigò con Sonia. "Non dimenticherò mai", pensava continuamente Camila, "il momento in cui lei gli diede un ceffone e lui si rifugiò in bagno con gli occhi bagnati di lacrime". Successivamente, Federica - alias Troia - obbligò Martin a divorziare e per farlo pagò tutti gli avvocati e tutti i mezzi necessari per finire le pratiche al più presto. Lui vivì per un paio d'anni da solo: stavano da Dio lui, Luisana e Camila. Fino a quando Martin non la presentò alle figlie, occhiali, pelle chiara, vestiti viola o neri, capelli e occhi scuri. Ah, e sorriso più falso della Barbara Durso. E pochi anni dopo, lei decise che dovevano vivere insieme, e affittarono un appartamento. Tutto questo casino tolse a Camila e Luisana un dubbio: Sonia diceva sempre loro, quando stava al pc, che giocava. Non era questa la verità. Camila si ricordava che la vedeva sempre ridere come una pazza e poi battere tasti a tutta velocità senza neanche guardare la tastiera. Inoltre, Camila scoprì che la Troia l'aveva ripetutamente insultata su Facebook durante il periodo della sua gravidanza.

"Complimenti a certi padri, accompagnare la figlia dagli psicologi, ma non accompagnare la fidanzata alle ecografie". E poi la gente commentava, e lei rispondeva. "Che poi fanno pagare un sacco di soldi inutili, e non parlano".

"Dannata fosse stata", pensava Camila. Suo padre continuamente ricordava alle figlie che lei si meritava il bambino che portava in grembo, ma per Camila non era così: le due si odiavano a morte. E così l'8 Maggio nacque Nacho. Sonia ripeteva continuamente a Camila che la Troia voleva portarle via il padre perchè lei era la sua figlia prediletta. Effettivamente, ricordava molto bene le gelosie dell'amante quando Martin e lei si dimostravano affetto. Però, cazzo, era sua figlia! E ricordava bene anche quando il padre la pregava di non dimostrargli affetto davanti a lei perchè sennò, dopo, avrebbero litigato quando Camila e Luisana sarebbero ritornate dalla madre. E questo era vero, perchè già successo.

Camila già sapeva che il mondo faceva schifo, ma questo era il culmine. Ormai la Troia l'aveva distrutta, così i giorni successivi parlò al telefono col padre e gli raccontò tutto ciò che aveva scoperto. Anche le sue zie parlarono con lui per dargli delle spiegazioni più chiare. Avevano, o meglio, Camila aveva in pugno qualcosa che avrebbe potuto portare davanti alla giustizia quello sbaglio della natura. Martin l'aveva avvertita di non dire nulla a Sonia perchè sarebbe andata direttamente dai carabinieri, e anche le sue zie la pensavano così. Ma Camila non ne era sicura, voleva dare uno sputo in faccia a quella donna, farla sparire dalla sua misera vita, ma Martin aveva pregato sua figlia che non facesse nulla e lei non lo fece. Camila adorava suo padre con tutta l'anima, il sorriso e gli sguardi d'ammirazione che gli dava la rendevano felice perchè facevano felice lui. Era così e non ci potevano fare niente: era la sua figlia prediletta.




Capitolo 5

Gennaio:

Alle prime ore di scuola gli studenti erano andati in un cineforum per guardare Storia di una ladra di libri per il giorno della memoria. Il film lo aveva già visto al cinema e non le era dispiaciuto rivederlo. Al ritorno da scuola però, il cuore di Camila incominciò a battere un pò più forte del normale, ma lo ignorò pensando che non fosse nulla di grave. Ma quando si ritrovò seduta su una sedia vicino al termosifone nel laboratorio del piano terra, il fiato incominciò a mancarle, la testa le girava, la pelle le era diventata lucida di sudore. Solo che stavolta anche qualcos'altro non andava: incominciò a pizzicarle tutto il corpo è Camila si agitò per lo spavento quando improvvisamente le sue mani si chiusero e non riuscì più ad aprirle. Laura aveva notato la sua agitazione.
-Cami, stai bene?- Le chiese. Belen e Fernanda smisero di parlare per dare attenzione a Camila.
-Cami che cos'hai?- Chiese una. Poi si avvicinò anche Giorgia, un'affascinante bionda, dagli occhi azzurri come i diamanti e la pelle chiara che abbinava con un rossetto rosa o rosso sulle labbra.
-Cami vuoi che andiamo in bagno?- Loro non capivano che lei non riusciva a sentirle, aveva le lacrime agli occhi e le faceva di nuovo male tutto il busto. Anche la Rebecca e la Sola erano arrivate e pretendevano delle risposte.
-Chiamate Guido- Riuscì a dire con il fiatone. Sentiva i polmoni secchi, come se qualcuno glieli stese spremendo per far uscire tutta l'aria che c'era in loro.
-Camila andiamo in bagno- Disse possente il ragazzo. La aiutò a mettere le braccia intorno al suo collo, in modo che la potesse sollevare. Guido era il ragazzo più forte e muscoloso della classe, oltre ad avere diciassette anni. Percorsero insieme il breve tragitto inseguiti da un gruppo di compagni preoccupati, fino a quando lei si fermò e guardò davanti a sé: c'era lui, c'era Benjamin, che la stava guardando. In realtà il giovane e curioso ragazzo stava guardando la scena con un amico, seduti su un termosifone basso in mezzo al corridoio. Avevano l'ora libera e si stavano annoiando fino a quando comparve una scena che attirò la loro attenzione.
-Cami, andiamo- Benjamin la guardò un momento da capo a piedi registrando il suo nome nella mente. Occhi verdi chiari, capelli ondulati che s'incurvavano nel cadere sulle spalle, vestiti attillatissimi che facevano vedere il suo incredibile fisico. Però intanto il cuore della giovane stava battendo molto intensamente. Aveva paura. E quella paura le fece cedere le gambe e cadere a terra. Era esausta e ancora una volta si lasciò andare.
Quando si svegliò era di nuovo in infermeria, e con lei c'erano Laura e Jazmin. Ancora una volta c'era il professore della classe accanto. "Ma perchè deve sempre venire lui?". E c'erano i soliti paramedici.
-Ma che cazzo...- Sussurrò tirandosi via la mascherina per l'ossigeno e tirandola con rabbia da qualche parte. Si mise seduta.
-Camila, è la quarta volta che ci vediamo, non pensi che dovresti andare a fare un controllo?- Il paramedico di sempre interruppe la sua rabbia.
-Senta dottore, glielo dirò per l'ultima volta: sto bene, non ho bisogno di andare in ospedale quindi la smetta di rompere le scatole... Ay!...- Gemette di dolore la ragazza e si portò di nuovo la mano al petto. Lui andò subito da lei.
-Dove ti fa male?
-Non mi fa male, è stato solo...
-Camila, basta! Stai male e il dottore vuole capire cos'hai...- Le disse all'improvviso Laura.
-È questo il punto - Disse Camila guardandola. Poi si rivolse al dottore - Io non ho nulla, sennò lo sentirei...
-Perchè ti massaggi in mezzo il seni? - Le chiese il dottore - Ti fanno male le ossa?
-No, è più in dentro- Il dottore pensò un attimo. Poi il suo viso si fece serio.
-Camila, ascoltami. Ora ti preleverò del sangue poi faremo un'analisi e l'ospedale chiamerà la tua famiglia il prima possibile- Camila non potè replicare. Il professore portò fuori le ragazze e il dottore le prelevò il sangue....
-Sei una cazzona Camila- Le disse Jazmin.
-Lo so, grazie- Erano migliori amiche.
-Perchè fai così? Io non ti capisco
-È che... ero infuriata prima perché ho visto Benjamin che mi stava guardando... ed io ero così debole...
-Hey Cami, un ragazzo biondo ha chiesto di te- Gridò Giorgia quando entrò in classe dopo essere andata in bagno.
-Non m'interessa, per me i ragazzi possono sparire dal pianeta
-Anche io lo vorrei fare, ci sta un botto, facciamo così: tu raduni tutte le femmine e io tutti i maschi, però poi io rimango con voi come ricompensa alla fatica- Disse Piru. Camila adorava Piru, poteva essere il migliore amico della classe, gli raccontava qualsiasi cosa, soprattutto quando andavano in stazione isieme dopo scuola.
-Dai Cami, sappiamo che non lo pensi veramente perché ti piace il cazzo!- Disse Marco, il presunto Hawaiano della classe. Per tutti rimarrà sempre un cinese. Tutti incominciarono a ridere e Camila ad arrossire.
-Ma di che classe è?- Gridò Sola sulle voci di tutti.
-1C
-Va bene, basta io non ne voglio sapere, ve lo chiedo per favore- Disse Camila agitando le mani in aria. Poco dopo il professore tornò in classe e Camila ritornò a casa con suo padre.

I giorni successivi all'attacco, molti compagni di classe andavano da Camila per dirle che Benjamin la cercava e all'intervallo cercava di non farsi trovare da nessuna parte. Poi, un intervallo, Camila si sentì priva di forze e avendo paura che si stesse di nuovo male andò alle macchinette per prendersi un thè. Era accompagnata da Laura, fino a quando Benjamin non le vide, prese da parte Laura per farla andare via e aspettò che Camila si girasse per poterle chiedere come stava. Mentre lei aspettava che la macchinetta finisse, si guardò intorno, poi si girò e vide una camicia bianca davanti agli occhi, un collo forte e degli occhi azzurrissimi come il cielo che la guardavano. Lei, terrorizzata, si rigirò subito, prese il bicchiere da dentro la macchinetta - bruciandosi un dito col liquido bollente - e scappare con un'imprecazione.
-Camila, fermati!- Gridò mentre la rincorreva.
-Lasciami stare- Rispose con voce acuta. Le tremavano le mani e le batteva forte il cuore. Come faceva a sapere il suo nome? Non si era ancora fatta l'idea del fatto che le stesse camminando accanto e le stesse rivolgendo la parola. Entrò in classe e si sedette subito per paura che le gambe le cedessero ed incominciò a bere il suo thè mentre faceva barcollare il bicchiere con mani tremanti. Lui aveva preso una sedia e si era seduto accanto a lei.

"Ti guardo fisso e tremo all'idea di averti accanto e sentirmi tuo soltanto, e sono qui che parlo emozionato... e sono un imbranatto".

Camila si sentiva così, si sentiva un'imbranata e le succedeva ogni volta che guardava Benjamin. Ma si disse che doveva ritornare in sé: lei non era più la ragazza timida e noiosa di una volta. Quindi fece un respiro profondo, appoggiò il thè sul banco e cercò Laura con lo sguardo, che era giusto dall'altra parte della classe che li guardava con aria confusa. Camila si passò le mani in viso e si alzò, seguita da Benjamin. Camila chiamò la sua amica, che andò subito da lei.
-Perché te ne sei andata?- Le chiese con un sospiro.
Prima che potesse rispondere Benjamin disse:
-L'ho mandata via io. Ti volevo solo chiedere come stai
-Posso sapere a te cosa importa?- Lo sguardo sicuro di Camila era su quello di Benjamin. Nonostante fosse rossa per la vergogna di parlargli, stava mantenendo l'atteggiamento da dura e sicura e questo fu la cosa che fece saltare il cuore di Benjamin: era lei la ragazza che lo guardava continuamente.
-Ehh... no, nulla, è per chiedere, l'altro giorno non ti ho vista bene e volevo solo sapere come stai
-Mi vedi in piedi e sono viva quindi la mia risposta è sì, sto bene. Qualcos'altro?
-Camila smettila- La rimproverò Laura.
-Ok, allora me ne vado
-Senti...- Incominciò Laura dopo un pò di silenzio.
-Benjamin- Ma lei lo sapeva già.
-Senti Benjamin, perdonala, è un pò scontrosa ma non è sempre così. Si dice che le è successa una cosa e poi a tredici anni è diventata così stronza. Ma non lo è, bisogna solo conoscerla meglio, anzi mi hanno detto che la vera lei è sempre stata timida e noiosa. Ora è diventata una pazza che pensa di amare tutto il mondo...
-Beh, non sembrava
-E' che ora è combattuta perché sta aspettando delle analisi dall'ospedale
-Delle analisi...? Ah, ma in questi mesi quando veniva l'ambulanza è stato per lei? - Laura annuì con aria dispiaciuta. Poi Benjamin sorrise - Quindi quando in corridoio diceva di amarti e di amare anche la rossa con gli occhiali non vi stava tradendo, è solo un'amicizia intensa
-Allora, su una cosa puoi star certo: le piacciono i ragazzi. Camila a volte è un pò strana, quando le dici "Ti amo" incomincia a piangere... E' buona, sta solo passando momenti difficili....
-Hey voi due! Avete finito di parlare di me?! - Si sentì gridare Camila che, stufa, aveva fatto cadere le braccia mentre appoggiava il bicchiere sul banco accanto alle sue scarpe nere. Benjamin la guardò e le sorrise - Ele, vieni qua - Le disse appoggiando i piedi a terra e la fece sedere sulle gambe - Perchè mio marito mi sta sorridendo? - Le ragazze intorno lo guardarono - Non lo guardate, merda!- Sussurrò, e loro risero.
-Cami, secondo me quel sorriso lo guarderai tante altre volte
La ragazza, ridendo, si morse il labbro inferiore e negò lievemente con la testa. La verità è che le sarebbe piaciuto vedere quel sorriso tutti i giorni.
Benjamin, al contrario, incominciò a sudare nel momento in qui la vide far scivolare il labbro contro ai denti. E decise di andarsene via.
 
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view post Posted on 2/10/2015, 17:52
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Capitolo 6

Febbraio:

Camila stava rivivendo da sola tutto ciò che era successo qualche minuto prima, con gli occhi puntati nel vuoto, mentre si fasciava le ferite che aveva in corpo....

Stava leggendo sul divano Amore folle amore di Alfonso Signorini, erano le sei del pomeriggio e la sorella Luisana doveva andare in palestra. Si stava preparando il borsone mentre le raccontava con rabbia i "dispetti" che sembravano farle i suoi amici. Era tanto furiosa e la sua voce tanto alta, che Camila non riusciva quasi a leggere. D'un tratto Camila sentì gli insulti che rivolgeva ad essi per poi finire ad essere insultata anche lei. Sentiva Luisana gridarle la parola "Bestia" con gusto, le diceva di essere un'idiota, una buona a nulla, una stupida, e tutto perchè stava facendo tardi in palestra. Camila provò a concentrarsi di più sulle parole biografiche di quel libro e questo fece infuriare ancora di più Luisana che, senza nessun rimpianto, le strappò il libro di mano, lo chiuse e glielo sbattè violentemente su metà del viso. Camila di alzò dal divano e le gridò di smetterla e di andarsene. Aveva poi incominciato a fare un urlo posseduto, come se con quell'urlo si sentisse abbastanza forte per non poter ascoltare più tutti quegli insulti. Luisana andò in cucina e prese un grande cucchiaio di ceramica. Era bianco con decori blu, ed era molto vecchio, ma conservava ancora la bellezza di una volta. Ritornò in sala, a circa quattro metri di distanza dalla sorella ancora ipnotizzata e, improvvisamente, lanciò a terra l'oggetto di ceramica che si ruppe in mille pezzi. Un grande pezzo affilato volò all'altezza del viso di Camila, accanto all'occhio, e le graffiò parte dello zigomo, della palpebra e della tempia sinistra. Poi prese uno sporco vasetto trasparente e rifece il gesto. Stavolta i pezzi di vetro le si infilzarono nelle gambe e uno nel fianco. Le due piangevano, ma Camila avrebbe voluto accoltellare la sorella mentre le chiedeva perchè stava piangendo se quella che provava dolore fisico ed emotivo era lei.
-Sei una bestia! Fai schifo!- Le continuava a gridare Luisana, poi incominciò a darle calci negli stinchi e a tirarle i capelli. Camila avrebbe voluto ribattere con piacere, ma voleva dimostrare alla sorella sedicenne che si sbagliava sul suo conto, così la fece ragionare:
-Esci di casa, o farai tardi in palestra- Le aveva detto con calma.
-Ah, tanto ormai! Se tu mi avessi preparato il borsone non avrei fatto tardi e a quest'ora sarei già lì!- Le gridò e poi, quando Camila assimilò l'informazione, un punto di domanda le cadde sulla fronte come cade sulle teste dei personaggi dei cartoni animati giapponesi. Era per quello stupido motivo che stava cercando di ucciderla?
Luisana ritornò in cucina, prese un piatto per la pasta e ritornò in sala per tornare a sbattere la ceramica a terra, e altri pezzi tornarono alle gambe della giovane, uno allo stomaco e uno a forma di triangolo passò la punta sulla pelle del suo viso partendo dalla mascella e salendo lungo la guancia. Per fortuna, l'occhio si era salvato. Così ella esplose e andò in cucina per prendere in coltello grande, liscio, da macellaio. Ritornò dalla sorella, impugnando il coltello come sua arma.
-Esci di casa!- Le ordinò. E Luisana lo fece. Quando sbattè la porta, Camila incominciò a piangere e a ripetere gli insulti che l'avevano creata ad alta voce. Era come posseduta e non riusciva a smettere di gridare o dire la parola "Bestia". Prese la scatola dei medicinali tremando e la posò sul tavolo in sala. Si guardò il corpo ed estrasse con cautela il grande pezzo di vetro che era conficcato nel suo fianco, poi quello più piccolo nello stomaco e quelli alle gambe. Si spogliò ed incominciò a medicarsi mentre le sue lacrime uscivano senza paura dai confini dei suoi occhi. Andò in bagno e si guardò allo specchio, scoprendo che il taglio nella guancia destra sanguinava, come la narice sinistra, mentre i graffi della tempia sinistra erano solo gonfi e il sangue che usciva non era eccessivo. Le lacrime tornarono ad opprimerla e, come una pazza da legare, si portò le unghie affilate nell'alto della fronte - dove crescono i capelli - e le affondò nella carne per bene per poi tirarle giù in un gesto lento e straziante mentre gridava con voce roca....

Il mattino dopo, alle prime due ore, i ragazzi sarebbero dovuti andare in laboratorio. Era il 24 Febbraio. Tutti le avevano chiesto cosa le fosse successo al viso e lei aveva risposto che era caduta in strada sulla ghiaia: nonostante il trucco, i segni si vedevano bene. Poi Jazmin entrò in classe con aria distrutta.
-Amore, cosa ti è successo?- Le aveva chiesto Camila con aria preoccupata.
-Ross... mi ha lasciata...- Le bisbigliò la ragazza, poi se ne andò. Camila era rimasta paralizzata sul posto, scioccata e confusa. Non ci poteva credere, stavano così bene insieme, da quello che Jazmin le raccontava si amavano tantissimo...
La bionda con gli occhiali camminava a testa bassa e Camila poteva vedere le sue labbra tremare pronte a far scoppiare un pianto, così andò da lei e l'abbracciò. Non si sarebbe mai aspettata una reazione così violenta: era scoppiata a piangere e aveva avanzato fino a quando Camila non sentì il suo corpo sbattuto sul muro, e l'amica si sfogava dando pugni violenti sulla superficie dura. I compagni di classe le guardavano e stavano già cominciando a spettegolare su cosa stava succedendo così Camila, con un pò di fatica, la spinse in modo che stessero lontano da muri:
-Ascoltami Jaz, non fare così, non ora, non in questo momento. Non fare una scenata se non vuoi attirare l'attenzione. Andiamo in bagno, ok?- Le sussurrò all'orecchio, e andarono. Si sedettero contro al muro e allora Jazmin incominciò a parlare:
-La sua ex è incinta, e lui è confuso e straziato perchè i genitori di lei vogliono che abortisca. Lui dice di amarmi, ma ora che Lerbiana è incinta ama anche lei...
-Ma hanno quindici anni, cazzo! - Esclamò scandalizzata Camila. Non poteva credere a quanto la gente fosse stupida - Senti Jaz, è normale che sia confuso, insomma, sta per perdere un figlio... però non devi pensare che ti ha lasciata perchè non ti ama, alla fine lui vuole rimettersi con lei solo per quello, perchè deve abortire. Lascialo riflettere, magari tra qualche giorno avrà le idee più chiare e ritornarà da te- Camila faceva forza alla sua amica stringendole la mano. Jazmin si girò a guardarla in viso.
-Cosa ti è successo al viso? - Camila tirò un sospiro e le raccontò cos'era successo - Ma è cogliona tua sorella? Ma è proprio cretina, Camila denunciala, guarda che quella ti poteva ammazzare
-Guarda, non ho intenzione di fare nulla, tanto non è la prima volta che succede anzi, c'è stato di peggio- Ed era vero. Una volta Luisana l'aveva frustata con un filo in gomma che aveva trovato in garage, un'altra l'aveva aggredita con la sedia in legno e ricorda che le aveva rotto il dito indice della mano sinistra. Le due rimasero in silenzio fino a quando Jazmin mise una canzone al cellulare.
-Questa sarà la nostra canzone- Affermò poi in un sussurro la giovane. Camila odiava quella canzone con tutta se stessa ma, ascoltandola con Jazmin, sentiva che il senso delle parole era diverso: sembrava fatta apposta per loro due, parlava di guerra, coraggio, sacrificio, amore, fratellanza, amicizia, protezione... Camila odiava quella canzone con tutta se stessa, ma con Jazmin si rispecchiò in essa.
All'intervallo guardava imbambolata, insieme a Laura, Benjamin. Le piaceva davvero tanto, il che era strano perchè Camila era solita ad odiare i ragazzi, pensava che volessero solo una cosa da lei e tutti la prendevano con la forza. Ma... lui era diverso. Di certo non s'illudeva sul fatto che un giorno si sarebbero potuti innamorare, tanto meno che sarebbero potuti andare a letto insieme! Per Camila era così bello guardarlo... in lui riusciva a vedere tutto ciò che era bello, la teneva ipnotizzata, le faceva venir voglia di avere di più, di ascoltare le sue voci e i suoi silenzi per tutta la vita. Lo stomaco le si torceva ogni volta che lo guardava e il cuore le pareva esplodere dalla felicità... Però doveva anche pensare ad un'altra cosa: ormai Jazmin e Ross si erano lasciati definitivamente e lei si tagliava peggio di prima, non mangiava più ormai da settimane e tutto perchè Ross continuava a perseguirla su Ask e Facebook in anonimo e continuava a fare scenate di gelosia quando la vedeva con un altro, anche se erano degli amici di entrambi. Si sentiva obbligata, doveva parlargli.
Così lo aspettò fuori da scuola sperando di non perdere il treno. Vide Ross arrivare con il suo gruppo si amici. Avevano in mano delle birre, e il suo obbiettivo sembrava poco lucido e barcollava un pò nel camminare. Il più sobrio era un ragazzo castano con gli occhiali.
-Ross, dobbiamo parlare- Lo informò con voce dura Camila.
-Ma guardate qua, la puttanella è arrivata! Chi ti ha fatto venire, la tua amica?
-Prima di tutto, puttanella lo sei tu che sei stato idiota fino al punto di mettere incinta Lesbiana, o Lerbiana, o come cazzo si chiama. Secondo, non mi ha fatta venire Jazmin, sono venuta io- Camila era da sola, e intorno a lei c'erano otto ragazzi della sua età, ma molto più alti e muscolosi che mettevano timore solo a guardarli. "Sembrano i Bad Boys dei poveri", pensò Camila.
-E che cosa vuoi? Mi vuoi pregare chiedendomi di rimettermi con Jazmin?
-Vaffanculo Ross. Ti voglio solo avvertire di lasciarla in pace. Le stai facendo del male - Con un cenno della mano destra, lui ordinò al suo gruppo di andarsene e loro seguirono l'ordine - Oh bene, vedo che hai i tuoi luridi servitori che fanno tutto ciò che vuoi
-Zitta, puttanella che non sei altro...- Disse prima che Camila gli tirasse un ceffone che lo fece sbilanciare e andare a sbattere col viso contro al muro della casa abbandonata che avevano accanto.
-Chiamami un'altra volta puttanella e giuro che ti ammazzo, figlio di puttana. E prova soltanto un'altra volta a perseguire Jazmin e te ne pentirai amanamente- Lo minacciò Camila. Ma la furia di Ross e la sbronza gli fecero fare la cosa che non avrebbe mai fatto se la sua coscienza non fosse stata così tanto cieca e sorda. Si rialzò, la prese per il braccio e andarono in fondo ad un vicolo buio fino ad arrivare dietro a dei grandi cassoni della spazzatura. Lei già sapeva qual'era la sua sorte: Ross la buttò a terra e si accasciò su di lei. Le diede tre ceffoni per degli insulti che non gli erano garbati, per poi farla stendere di pancia, prendendola per il collo con una mano e tirando giù i sui pantaloni con l'altra. Quando ebbe accesso, lui la penetrò violento e lei lanciò un tale grido di dolore che si sarebbe potuto sentire bene anche se una mano le tappava la bocca. La mano che le afferrava il collo ora le tirava i capelli, e Camila mentre piangeva aveva avuto il pensiero che glieli volesse strappare.
-Sei preziosa, puttanella. Grazie - Le disse quando tutto finì. "Grazie"? Cosa avrebbe dovuto rispondere lei, "Prego"? - Lascerò in pace Jazmin- Affermò prima di andarsene. Camila rimase lì a terra, sentendosi un'orribile persona che aveva avuto relazioni sessuali con l'ex della sua migliore amica, anche se erano state forzate. Rimase a piangere per l'eternità lì sdraiata a terra, pensando che ormai aveva perso il treno ma poi, guardando il telefono, si accorse che le mancavano ancora dieci minuti. Aprì l'icona dei messaggi che aveva con Jazmin. Rimase a fissare la tastiera per ben tre minuti chiedendosi se avrebbe dovuto dirle ciò che le era accaduto.

"Non gli credere. Mi ha violentata". Le scrisse alla fine alle 14:07.
 
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Capitolo 7

Marzo:

Era una domenica, Sonia era andata con un'amica a Milano e le figlie erano andate dal padre. Sonia sarebbe tornata alle otto di sera, così Camila ne approfittò per scappare dalla sporca tana in cui viveva suo padre ed incontrarsi a casa della madre con Javier. Subito dopo pranzo, si era fatta la doccia e si era depilata, passandosi la lametta su tutto il corpo.
Camila prendeva la pillola ed era pulita. Javier non si sapeva, quindi gli aveva detto di prendere i preservativi... Lei non avrebbe mai potuto comprarli perchè poi l'avrebbero sicuramente, come sempre fermata per strada e...
Quando arrivò nella casa della madre, incominciò a prepararsi: slip neri di pizzo, collant, gonna fluttuante di seta nera, scarpe di pelle nera col tacco e camicia blu scuro a piccoli rombi bianchi. Quella, era la camicia di sua sorella, e sapeva che se l'avesse scoperta mettere la sua roba, l'avrebbe insultata a morte.
Si era messa il mascara e una matita oro come contorno sulle palpebre. Andò nella camera di sua madre, dove c'era un grande specchio contro al muro, e si guardò: era Preziosa. Era sensuale, eccitante, accattivante e allo stesso tempo piccola e ingenua. Si sentiva bella. Però ad un tratto, davanti a quello specchio, una lacrima dopo l'altra innondarono il suo volto angelico. "Sono diventata una puttana", questo, era quello che diceva per castigarsi. Si era talmente tanto pentita di aver accettato quella proposta...
La sua vescica le chiese di liberarla e andò in bagno. Dopo aver finito, si spruzzò il profumo, ricordando di non cospargersi il corpo di crema profumata di fiori della marca Tesori d'Oriente, come le aveva ordinato Javier. Quante cose aveva rinunciato per lui... Il campanello dell'appartamento la spaventò e il suo cuore si mise a battere contro al petto come un pazzo. Aprì il cancelletto, il portone e la porta. Lo aspettò e, quando lo vide entrare, lui si tolse la giacca e si bloccò nel momento in cui la guardò mentre appendeva l'indumento all'appendi abiti. I loro sguardi passarono lungo i loro corpi e lui incominciò a diventare duro.
-Camila, giuro che se avessi esperienza ti avrei già sbattuta contro il muro - Disse lui a quel punto, ed era questo quello che lei cercava. Voleva sentire il suo parere se mai l'avesse vista così bella e vestita bene. Il cuore le si svuotò e pensò che allora tutti gli uomini erano uguali, che cercano la violenza nel sesso, con lei. Ormai, nella sua realtà, non esisteva più il "fare l'amore". Lui le si avvicinò, passandosi la lingua sulle labbra - Non porti il reggiseno...
Lei negò lentamente con la testa e lo prese per mano. Lo fece sedere sul letto e lei si sedette su di lui. Incominciarono a baciarsi, lui scese al collo e improvvisamente si fermarono perchè non sapeva sbottonare una camicia. Camila, in quel momento, voleva stamparsi la mano sulla fronte. Lui le fece notare che aveva il petto e le guance rosse.
-Hai degli sfoghi...- Le disse. In quel momento voleva cancellargli le labbra e prendersi a calci in culo per aver scelto uno che neanche sapeva che durante una relazione sessuale i corpi si riscaldano e si arrossiscono lievemente.
-Non sono sfoghi, - "Idiota" - è una cosa normale- Era calma, ma severa. A quel punto lei si scoprì i seni e lui sorrise quando li guardò. Quello, la agitò un pò. Aveva i seni di una quindicenne, non erano troppo grandi, ma erano tondi e i capezzoli erano perfetti. Lui si afferò a loro e Camila si sorprese, perchè riusciva a farlo veramente bene. Dopo un pò di tempo lei gli ordinò di fermarsi e strisciò su di lui fino a ritrovarsi con le ginocchia a terra, tra le sue gambe. Con sguardo timido, gli disse:
-Senti... io questo non l'ho mai fatto, e non so come devo farlo...
-Stai tranquilla, neanche a me lo hanno mai fatto. Però ti posso aiutare- Gli occhi di lei lo ringraziarono. Lui aveva visto ancora una volta la vecchia timidezza che si nascondeva in lei, e stavolta lo eccitò vederla così piccola e indifesa. Dopo averglielo tirato fuori, le disse come compiacerlo e lei lo fece, anche con la bocca. D'un tratto però, lei sentì le sue mani tra i capelli, stringerli e tirarla giù per prenderlo tutto. Camila si spaventò a morte. Bruscamente, gli graffiò le mani con le unghie lunghe e si separò da lui. Lo guardava terrorizzata, il suo cuore batteva spaventato nel petto, perse l'equilibrio quando si volle alzare e cadde dolcemente all'indietro sbattendo la testa contro la porta.
-Non farlo mai più Javier, mi hai sentito? Non ti azzardare mai più- Balbettò, e poi imprecò sottovoce. Lui si scusò, un pò confuso, poi si mise in piedi e la aiutò ad alzarsi. La fece sedere sul letto e tutto ricominciò da capo fino alla sua liberazione. Il pomeriggio era finito così, ovviamente dopo averlo obbligato a baciarla. Lui non voleva perchè diceva che non gli sarebbe piaciuto il suo sapore. Lei, però, lo ricattava dicendogli che se non lo avesse fatto lo avrebbe marcato e gli avrebbe baciato il collo, le due cose che non gli piaceva ricevere. In realtà Camila aveva sempre pensato che non gli piacesse nulla a letto.
Pianse. Pianse mentre ritornava a casa di suo padre. Non era riuscita a provare nulla, si sentiva usata, vuota... Ovviamente, era consapevole che era anche colpa sua. Una volta arrivata a casa di Martin, Camila chiamò subito Jazmin e le raccontò tutto. E nel mentre, non riusciva a capire perchè le diceva ciò che era successo quasi come emozionata, quando in realtà qualcosa dentro di lei bruciava di pentimento.
Camila andava tutti i venerdì dalla psicologa della scuola, una giovane ragazza sui ventitré anni, rossa e con gli occhi verdi.
-E come va con Javier?
Camila distolse lo sguardo da quello di Chiara.
-Un... disastro. È orribile. Non riesco a provare nulla. Sento dolore ogni volta
-Che tipo di dolore?
-Intendi dire fisico o psicologico? - Chiara annuì - Tutti e due... sono così pentita di tutto ciò che faccio... Ed è brutto quando lui vede che fisicamente mi fa male e non importa nulla
-Bene, su questo punto credo che ci siano due opzioni. La prima è che forse hai l'utero un pò malmesso, dopo tutte le volte che ti hanno violentata. La seconda è che il tuo corpo cerca di rifiutarlo, ma la tua mente non glielo permette. Tu vuoi veramente fare con lui ciò che fai?
Camila abbassò lo sguardo.
-Io... voglio solo sentirmi diversamente da come mi sento ogni giorno. Io mi fido di Javier, ma... ho paura di ciò che potrebbe fare se io gli dicessi che voglio smettere
-Quindi non noti nessun cambiamento dopo quasi due mesi che avete questo rapporto?
-No...
-Hai provato a dormire a letto? - Camila negò con la testa - Lo sai che parte del percorso che faremo insieme sarà dedicato a farti dimenticare di quello che è successo, vero?
-Sì, però Chiara, come faccio a dimenticarlo? Avevo dodici anni e lui è mio zio. Ok, ci odiavamo, ma non pensavo potesse arrivare a questo! E poi tutti gli altri... Chiara, l'ultima volta che ho avuto relazioni sessuali è stato tre giorni fa con due tizi mai visti in vita mia che mi hanno picchiata e violentata! - Un singhiozzo uscì dalle labbra della giovane - Io non so più come fare!
-Allora Camila, innanzi tutto ti consiglio di avere in varie tasche e borse qualcosa con cui difenderti. Vivi in un quartiere veramente brutto e non mi sorprende per niente quello che mi racconti. E per il resto... Come mai non mi racconti più di Benjamin?
-Perchè... non lo so, sono ancora imbarazzata per quando mi ha vista star male...
-Però poi lui è venuto per sapere di te e ha continuato a cercarti. Questo vuol dire che gli interessa qualcosa di te

"Se mi innamorassi davvero, saresti solo tu, l'ultima notte al mondo io la passerei con te mentre felice piango".

Camila quell'anno aveva imparato cosa significasse amare. I suoi compagni glielo avevano insegnato, e il suo cuore si riempiva di gioia ogni volta che arrivava a loro. E poi c'era Benjamin... Amava anche lui, e se quell'amore fosse stato ricambiato non solo l'ultima notte, ma tutte le notti del mondo le avrebbe passate con lui. Anche piangendo. Anche ringraziando Dio.
-Sesso, Chiara. Ecco cosa gli interessa di me, come tutti gli altri
Ma ciò che Camila non sapeva era che non era esattamente così. Benjamin aveva trovato in lei qualcosa di avvincente e accativante, qualcosa che lo attirava oltre alla sua preziosa bellezza.
Camila si diresse in stazione, e quel giorno insieme a lei c'era anche Felipe.
-Buona sera, signorina- Lei sorrise con adorazione mentre alzava lo sguardo per guardare i suoi occhi verdi, più tendenti al nocciola.
-Buona sera, signorino
Parolarono di com'erano andate le loro giornate, spettegolarono dei professori e si misero d'accordo per uscire il pomeriggio, magari andare a prendere un gelato. I due, si volevano veramente molto bene, erano amici intimi, lui andava spesso d'inverno a casa sua a prendere cioccolate calde, sotto le coperte, sul divano e d'estate, quando dovevano uscire insieme, lei si spogliava davanti a lui senza vergogna e si metteva milioni di capi per avere la sua consulenza. Ovviamente a lui imbarazzava un pò il fatto che lei si presentasse in intimo davanti ai suoi occhi, dopotutto era sempre un adolescente con gli ormoni a mille, ma mai si era azzardato a toccarla. Felipe portava un enorme rispetto nei confronti di Camila. Con lui si rivelava la sua parte dolce, gentile e divertente. Come sempre, Felipe la accompagnò fino a casa e poi se ne andò.
Si svegliò un paio di volte nella notte, girandosi e rigirandosi sul divano per quei fastidiosi e pungenti dolori che sentiva in diversi punti del suo torace. Ad un certo punto si era anche alzata ed era andata a prendere una boccata d'aria fuori al piccolo balcone del loro appertamento. Queste fitte continuarono a tormentarla di tanto in tanto, anche durante le lezioni. Poi all'intervallo, mentre scendeva le scale per andare al secondo piano, una boccata d'aria improvvisa s'intrufolò nei suoi polmoni e Camila incominciò a fare respiri profondi per evitare di sentirsi male. Percorse il corridoio fino ad arrivare al primo termosifone basso che trovò per sedersi e riposare. Un dolore improvviso incominciò a percorrere il suo polmone destro da un lato spostandosi piano verso l'altro e Camila appoggiò le mani sulla parte dolente, cercando di respirare. Ma il dolore cresceva ogni volta che lo faceva, facendole spalancare la bocca. Si riprese mentalmente dicendosi che non doveva fermarsi a quel piano: era quasi sempre vuoto. I ragazzi solitamente andavano a fare l'intervallo al terzo piano perché c'erano quattro macchinette. E anche perchè i maschi si ritrovavano tutti nel loro bagno a fumare e vendere droga.
-Oddio, Camila. Cosa ti prende?- Arrivarono Benjamin e Coco. Quest'ultimo era un bel ragazzo, i ricci biondi, gli occhi castani e un paio di occhiali neri. La pelle era bianca e sul viso appariva qualche neo. Camila credeva che i due fossero migliori amici, dopotutto li vedeva sempre insieme all'intervallo. Benjamin mise una mano su quelle di Camila, e l'altra gliel'appoggiò sulla schiena. La fanciulla chiuse un pò la bocca e gemette di dolore mentre due lacrime scendevano dai suoi occhi.
-Vado a chiamare qualcuno- Disse Coco, ma Camila gemette di negazione.
Allora Benjamin disse:
-Va' a prendere la bottiglietta d'acqua che ho nello zaino, per favore -Coco annuì e fece una piccola corsa entrando in classe - Alza la testa - Le disse Benjamin, appoggiando una mano sotto al suo mento. Poi l'appoggiò un pò più in basso, sul suo petto scoperto e l'altra nel basso della sua schiena per poterla drizzare - Fai un respiro profondo- Camila incominciò a farlo, ma si fermò gemendo di nuovo. Allora provò a fare piccoli respiri, piangendo ancora, aspettando che quel dolore insopportabile se ne andasse.
-Benjamin...!- Disse con voce stridula lei.
-Io non so cosa fare, Camila, ma non puoi continuare a non respirare. O lo fai e sopporti il dolore, o soffochi - A Camila le sebrò duro e allarmato in quel momento. Non lo incolpava. Ad un tratto, Benjamin circondò con le braccia il piccolo corpo della ragazza - Alzati e respira profondamente- Camila appoggiò le mani sulle sue spalle e si spinse per potersi alzare. Il dolore l'attraversò atrocemente e si mise la mano davanti alla bocca per soffocare i gemiti. Pian piano, si riprese. Benjamin poteva sentire come i seni duri di Camila premevano contro il suo petto ad ogni respiro profondo, sentiva quelle braccia intorno al suo collo, stringerlo, e per un attimo l'abbracciò come per darle conforto, come per ricevere un vero e proprio sentimento da lei. Nascose il viso sul suo collo ed incominciò ad inalare il suo profumo, e Camila si accorse di quando le sue labbra le sfiorarono delicatamente la pelle. Se non avesse avuto un attacco di paura, si sarebbe messa a gemere.
-Benjamin, lasciami- Disse con voce spezzata e il suo corpo s'irrigidì. Quando arrivò Coco, questo appoggiò una mano sulla spalla di Benjamin, che allora si separò.
-Tieni, bevi- Quasi le ordinò lui, porgendole l'acqua. "Ma chi si crede di essere?", pensò Camila.
-Grazie dell'aiuto- "Idiota". Gli sputò in faccia lei, e se ne andò, rifiutandolo.
 
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Capitolo 8, prima parte (+18)

Aprile:

Ultimamente Camila voleva sempre di più da Javier ma alla penetrazione, nonostante si sforzasse, non riusciva ad arrivare all'orgasmo. Ricordava ancora quando lo dovevano fare la prima volta e lui voleva andarci piano perchè era convinto che anche ai ragazzi perdere la verginità avrebbe fatto male. E ricordava anche che avrebbe voluto mettersi a piangere: perchè proprio lui? Ah, e aveva rivelato tutto a Luisana perché l'aveva provocata. Quando glielo disse, lei fece un'espressione disgustata. "Che schifo!" le aveva detto, ma Camila sapeva che lo diceva per lui. Non lo aveva neanche difeso in quel momento, dopotutto lui non era un granché a letto. Aveva anche avvertito sua sorella di non dire nulla e lei glielo aveva assicurato. Le due avevano una compagnia di dodici amici, tutti loro andavano a scuola a Guastalla mentre Camila e Felipe a Reggio. E nella compagnia c'era anche Javier.
In quel mese, Camila sentiva una cattiva sensazione dentro di sé, era come se la sua anima volesse vivere il più intensamente possibile la sua vita, sentiva il bisogno di distaccarsi, poteva percepire come si stava allontanando da tutti senza volerlo. Come se stesse per accadere una cosa troppo brutta per far sì che chi le voleva bene la sopportasse, e per questo si stava allontanando. Ma cercava di non far caso a queste sensazioni.
Poi arrivò il giorno in cui la chiamarono dall'ospedale. Lei e Sonia passarono un'intera giornata lì dentro: le fecero due TAC al torace, due radiografie, una fibroscopia e altre analisi del sangue.
E poi i dottori le dissero di averle fatto fare tutti quegli esami perché volevano confermare la loro teoria. E l'avevano confermata....
Quella sera, la madre entrò in casa passiva, senza alcuna emozione in volto e Camila la odiava per quello. La odiava perchè stava per morire e a lei non improtava nulla. Come non le importava ascoltare la verità su ciò che era successo per tutti quegli anni. La fanciulla aveva avvertito Sonia che sarebbe andata via di casa durante la notte. E a lei, ovviamente, non le importava.
Camminava per le strade piangendo e gridando, maledicendo Dio, chiedendogli cosa aveva fatto di male al mondo, che le sembrava caderle addosso ormai da quasi quattro anni. Camila pensò allora che Dio voleva risparmiarle la libertà di vivere. Lungo le strade malfamate, piene di delinquenti e di pub per duri, venne violentata per tre volte da tre uomini diversi. Lei non aveva neanche gridato, nemmeno aveva preso dalla tasca interna della giacca il coltello che teneva per difendersi. Ormai non le importava più nulla. D'un tratto capì: la mancanza d'aria, i dolori, la tosse di notte, il fatto che non riusciva mangiare e che il suo carattere aveva qualcosa che si stava spegnendo pian piano. Quella notte non dormì e fece la follia di camminare lungo ai binari fino ad arrivare alla sua scuola a Reggio. Poi fece un'altra follia: dopo essersi svegliata sotto un albero del parco immenso che si trovava davanti alla scuola, prese i pochi soldi che aveva e appena un tabacchino aprì le porte si comprò delle sigarette. Si sedette su una panchina abbastanza lontana dall'entrata della scuola e chiese alle prime persone che le erano passate davanti se avevano da accendere. Incominciò a fumare, sentendo i polmoni bruciare dentro la cassa toracica. Così si rimise di nuovo silenziosamente a piangere, mentre vedeva il mondo girare intorno a lei come un razzo e sentiva i bronchi rinsecchirsi. Era a metà della seconda su dieci, e stava per mettersi a vomitare dal bruciore, dal dolore, dallo stordimento che le provocava tutto quel fumo...
-Camila?- A quella voce il suo sguardo si alzò e si incontrò con quello di Benjamin. Lui pensò subito che aveva un aspetto orribile: aveva le occhiaie e gli occhi rossi come il sangue. La pelle era bianchissima, le labbra secche e i capelli rovinati. Si vedeva che aveva pianto, aveva le solite scarpe nere, i collant neri erano strappati, la gonna verde, stropicciata e una canotta azzurra nascosta da una giacca formale nera. Lei non lo guardò negli occhi a lungo, sentiva un grande e disperato bisogno di piangere. Lui era il ragazzo che amava, nonostante tutti dicessero che non poteva innamorarsi di uno che neanche conosceva, e pensare che lo stava per perdere la distruggeva dentro ancor peggio di quel che facevano le sigarette. Ricordava quando diceva alle compagne di classe che prima di morire avrebbe dovuto salutarlo almeno una volta. E, nonostante quelle poche volte che si erano parlati, non si erano mai detti "Ciao".
-Benjamin, vai via. Non voglio vedere nessuno...- Riuscì a sussurrare lei. Le faceva veramente troppo male il cuore. Benjamin nella sua voce spezzata aveva potuto percepire il nodo che aveva in gola, ma sapeva che Camila era una tosta e forte, una che poteva resistere a tutto, così se ne andò. Camila scoppiò di nuovo a piangere e prese altri tre tiri veloci di sigaretta, tutti in una volta, per riempire i polmoni di tutto quello schifo. E a quel punto si sporse in avanti e cadde a terra priva di sensi sulla ghiaia, mentre teneva ancora tra le dita quella sigaretta che bruciava e bruciava, formando la cenere che poi si depositava sul terreno. Vari ragazzi di quella scuola corsero a lei e chiamarono un'ambulanza, ma i suoi compagni non seppero nulla e nessuno si aspettava di certo che l'assenza di Camila fosse dovuta al fatto che era ritornata in ospedale. Benjamin non disse nulla a nessuno su quello che era successo quella mattina, e passò la giornata a sorridere a una delle affascinanti ragazze della sua classe.

Camila e la sua compagnia avevano una loro panchina in un parco nelle campagne del paese e un giorno volle radunare tutti per dare loro la notizia. Non usciva di casa da una settimana, stava sempre chiusa in camera e marinava la scuola. Non mangiava e piangeva continuamente. Poi, un giorno, chiese alla sorella Luisana di aiutarla a radunare tutti quelli del gruppo per poter dire loro la notizia più brutta della loro vita. All'inizio, l'uscita si era mostrata come una normale uscita tra amici, si andarono a prendere uno yougurt nella loro gelateria preferita e poi, tra canzoni, corse e scherzi, erano arrivati al parco. Camila, che fino a quel tempo era rimasta indifferente e silenziosa, corse a prendere il suo posto sullo schienale della panchina in pietra e legno. Erano in dodici, ma tutti quanti riuscivano a sedersi su quella panchina: in sei si sedevano sullo schienale e gli altri sei sulla panca, o a terra davanti ad essa. Felipe si era seduto sulla panca sotto Camila, che aveva le gambe aperte, con la testa di Feli che riposava su una delle sue cosce. Javier li guardava male, ma a Camila non importava nulla. Tutti gli altri stavano al telefono su Istagram, si facevano i selfie o chiacchieravano facendo battute squallide o sconce. Luisana diede a sua sorella uno sguardo che trasmetteva forza e coraggio, allora lei si alzò ed incominciò a camminare davanti a quella panchina piena dei suoi compagni di vita.
-Ragazzi devo dirvi una cosa- Il cuore di Camila batteva fortissimo e i suoi occhi avevano preso un velo lucido e trasparente. Alcuni sorrisi si sfumarono quando la tensione si espanse.
-Allora, dicci- Disse Felicitas con la sua aria allegra di sempre.
-Non è nulla di bello. Oggi siamo tutti riuniti qui perchè devo dirvi una cosa che ho scoperto: da qualche mese ho avuto degli attacchi respiratori e la settimana scorsa sono andata in ospedale - Ora tutti erano in silenzio e seri, tristi e preoccupati - Ebbene amici, vi devo informare che i miei giorni di vita si stanno riducendo moltissimo perchè, chissà per quale ragione, ho un cancro ai bronchi. Li ho quasi completamente chiusi e i miei polmoni sono gonfi e infiammati. Ecco tutto - Molti si erano messi a piangere, anche Felipe, che cercava in tutti i modi di contenersi - Ascoltate, non voglio pianti, mi curerò e tutto si sistemerà. Già sapete che il mondo senza me è perso, quindi non mi vedrete scomparire tanto facilmente- Alcuni risero al suo ultimo commento perchè quello la diceva tutta sul suo meraviglioso carattere. I nuovi arrivati del gruppo la abbracciarono, e uno di loro la prese per la vita e la tenne stretta mentre la faceva girare in aria. Quello, la divertì un mondo.
-Ragazzi, sedetevi tutti sulla panchina e guardate la camera- Disse Camila ai ragazzi, prendendo il telefono di Micaela per scattare un selfie, con se stessa in primo piano seduta a terra e i suoi amici seduti - o quasi - sulla panca in posizioni strane, che sorridevano o facevano facce buffe.
-Questa la metto su Istagram, ok?- Chiese Micaela a tutti, dopo aver scattato milioni di selfie perchè a Felicitas non le andava bene neanche uno. Poi ridiede il telefono a Camila dicendole di scrivere qualcosa per pubblicare la foto. E lei ci scrisse:

"Il primo giorno di vita #myfriends#inseparabili#lanostrapanchina#lapiùbelladelmondoinprimopiano#cancroaibronchi"

La foto fu pubblicata e condivisa da tutti quelli del gruppo e, riuniti, i post ebbero centinaia di "Mi piace".
Tornando a casa, tutti salutarono Camila con un bacio e un abbraccio, poi se ne andarono alle loro case. L'ultimo fu Javier, che le disse all'orecchio di farsi trovare all'angolo della strada perchè le doveva chiedere una cosa. Così, quando Luisana entrò in casa, lei si fece trovare all'angolo della strada e vide Javier appoggiato contro un albero.
"Si crede figo, per caso?", pensò Camila, e poi si mise a ridere sotto i baffi.
-Dimmi- Aveva cominciato.
-Senti, Cami... ma il tuo cancro è trasmettibile?- Ciò che prima era un sorriso, divenne una linea completamente dritta. Lo guardò disgustata stando in silenzio mentre lui, preoccupato, le aveva chiesto una cosa tanto orrenda. Invece di preoccuparsi per la vita della sua quasi migliore amica si preoccupava di non avere anche lui il cancro. Camila avrebbe voluto rispondergli di sì per poi sputargli in faccia, ma non poteva essere tanto crudele come lui. Così lo guardò negli occhi con rabbia e gli tirò uno schiaffo col palmo della mano. Lui fece un pesante sospiro di dolore mentre lei incominciò a parlare.
-Non ti permettere mai più, lurido bastardo. Comunque, usiamo il fottuto preservativo. E non è una malattia, è un cazzo di cancro!- Gridò tra lacrime alla fine. A lui non importava come l'aveva fatta sentire, era furioso, si sentiva umiliato e impotente, avrebbe voluto violentarla sul posto, strangolarla e poi buttare il suo corpo in un fosso. Ma non fece nulla di tutto ciò. Voleva aspettare fino al loro prossimo incontro.

Edited by BeaCami - 3/11/2015, 18:48
 
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Capitolo 8, seconda parte

Aprile:

La vita per Camila non poteva sembrarle più caotica: prendeva sei pillole due volte al giorno, tutti i giorni, e portava gli occhialini per l'ossigeno. Certo, andare in giro con quella bombola pesante e piena d'aria non era semplice, così i dottori le avevano prescritto anche uno strano inalatore che, facendo cinque puf, le avrebbe allargato i bronchi per almeno tre ore. Oppure le avevano anche consigliato una bombola più piccola e rettangolare che avrebbe potuto portare come una borsa a tracolla, così sarebbe potuta andare in giro con gli occhialini per l'ossigeno e con un peso inferiore.
Quella era una di quelle mattine in cui si svegliava debole e le bruciava il petto per la tanta tosse emessa durante la notte. Mentre era in macchina col padre, portava appoggiata sulle gambe, come una borsa, la sua bombola a tracolla. Guardò lo schermo del vecchio LG che le aveva regalato la Troia l'anno prima e vide che erano le sette e quarantacinque. Quelle prime due ore di lezione le avrebbe passate nel laboratorio del terzo piano, ed era già ansiosa e paurosa per quello che sarebbe accaduto. Per sciogliere l'enorme nodo che aveva allo stomaco, Camila guardò suo padre e gli sorrise. Gli occhi verdi di lui la guardarono spenti e vuoti, occhi che avrebbe tanto voluto riaccendere. Ma le sorrise anche lui. I due si amavano tanto che non avevano ancora accettato la situazione, ed erano convinti ancora che fosse una cosa de nulla quello che lei aveva.
Quelli erano i momenti in cui si sentiva come Hazle Grace di Colpa delle stelle.

"C'è solo una cosa peggiore di morire di cancro: avere un figlio che muore di cancro".

Questa, era la loro frase.
Erano arrivati a scuola alle otto e venti, e un ragazzo sui venticinque anni li aspettava davanti al portone.
-Salve, io sono Alberto- Si presentò il giovane castano dagli occhi marroni, porgendo la mano.
-Io sono Martin e lei è mia figlia, Camila Bordonaba
-Salve- Salutò educatamente lei, e il giovane le rispose con un sorriso. Alberto era stato chiamato da Martin per rimanere sempre con Camila in ambito scolastico, per controllare che stesse bene e, siccome era un dottore oltre a ad essere un insegnante di sostegno, aiutarla nel caso si fosse sentita male. Doveva anche accompagnarla e andare a prenderla in stazione. A Camila sembrava eccessivo tutto ciò, ma era stato soprattutto il padre a volere questa protezione per la figlia: tutto purché non soffrisse di alcun dolore. Martin ci teneva davvero tanto...
Mentre i due uomini erano andati a parlare con il coordinatore di classe e la preside sulla sua situazione, lei aspettava in bidelleria camminando avanti e indietro sempre sugli stessi passi. Cercava di ignorare gli sguardo degli alunni, dei professori e dei bidelli, dispiaciuti per quella ragazza che li aveva sempre fatti divertire, ma anche impazzire. Invece ora le stava capitando... questo. Camila aumentò di poco il livello d'ossigeno per aiutare i battiti frettolosi del suo cuore a calmarsi. Il fatto era che era troppo, troppo in ansia...
-Camila?- Quella voce profonda e roca la colpì dritto alla schiena, fancendola rimanere in allerta. Camila si chiese perché lui doveva essere sempre lì, dietro o davanti a lei, a chiamarla per nome, quasi volendone assaporare le lettere. La ragazza si girò e l'espressione del ragazzo diventò più cupa e seria mentre studiava il suo corpo come se fosse una mappa: i pantaloni attillati di finta pelle nera, le solite scarpe nere e la canotta azzurra di lana con bottoncini oro sull'alto - uno sbottonato e uno che gridava disperatamente di essere liberato. La sua schiena era un vedo/non vedo che creava il pizzo azzurro, un filo infinito che formava disegni che gli ricordavano la ricca vita degli anni '20. Aveva un aspetto migliore di quello dell'ultima volta che l'aveva vista, i capelli erano legati all'indietro in una coda un pò alta, la pelle era bianca e aveva occhiaie che le pupille verde acceso nascondevano. Poi il suo sguardo inciampò sul tubicino che le avvolgeva delicatamente il viso. Ne seguì il percorso e i suoi occhi si fermarono su ciò che gli ricordava una grande borsa a tracolla. Camila si agitò un pò nel vedere il suo sguardo fisso alla bombola, così indietreggiò di un passo ed incominciò a parlare:
-Cosa c'è, Benjamin?- Gli chiese, incominciado ad arrossire e rimproverandosi per quello. La verità è che lo trovava troppo attraente con i capelli spettinati, la polo blu e i jeans grigio chiaro.
-Io... s-stai bene?
-No, non sto bene
-Scusa, Camila, per aver allargato troppo lo sguardo...
-Senti Bemjamin, non sono dell'umore adatto, quindi dimmi quello che mi devi dire, sennò vattene
-Hai bisogno di qualcosa?
-Benjamin, io... - Camila aveva incominciato arrogante, però, dietro di lui Patty e Gigi - così soprannominavano i due bidelli - le avevano fatto cenno di accettare. E poi si ricordò che quella mattina si era sentita debole e le bruciava il petto - Ok. Va bene. Potresti... andare a prendermi alle macchinette un thè freddo al limone?- Gli chiese porgendogli i soldi.
-Oh, no, ti prego. Faccio io- Si era offerto lui.
-Non ho bisogno della tua carità, Benjamin- Il suo tono fu come una pugnalata dritto alle orecchie del ragazzo.
-Non è per carità... e poi, io ho la chiavetta- Disse lui facendogliela vedere. Alla fine, Camila cedette con un sospiro. Tutto costava meno con la chiavetta.
-Ok, daccordo. Mi trovi nel laboratorio del terzo piano, se non qui- Lo avvertì. Quando lui se ne andò, lei entrò in presidenza, stanca si aspettare - Ma insomma, devo aspettare ancora per molto? Ho rampe di scale da fare, una notizia da dare, lacrime da asciugare e un thè freddo che mi aspettano. Sono una ragazza impegnata anche io- I sorrisi di compassione e di divertimento dei quattro adulti fecero sorridere anche lei.
Alla fine, si ritrovò davanti alla porta del laboratorio. Erano saliti in ascensore, il che le sembrava meglio che fare 27 scalini.
-Camila, ce la puoi fare e se hai bisogno di aiuto posso intervenire io- Disse Alberto. Era così rassicurante quel giovane adulto. Lei annuì e fece un ultimo respiro profondo prima di aprire la porta.
-... se dovete discutere dei vostri problemi potete farlo ora o in privato fuori- Diceva Rebecca, che era una delle rappresentanti di classe.
-Ciao Camila...- La salutò Laura con uno sguardo sconvolto. Camila cercò con lo sguardo Jazmin e, come sospettava, i suoi occhi erano pura angoscia mentre si bagnavano e una sua mano le copriva la bocca spalancata.
-Ciao... - La sua voce delicata attirò l'attenzione, e tutti si girarono per guardarla - Assemblea di classe?
-Sì... Vieni Cami, siediti qua- Le disse Rebecca, che spinse un pò la Sola per farla sedere in mezzo a loro sulla cattedra. Camila si sedette senza riuscire a guardare negli occhi i suoi compagni, senza sapere come incominciare un discorso su una cosa che già stavano vedendo. Tirò un sospiro.
-Ragazzi, lui è Alberto - Disse Camila indicandolo, e tutti guardarono il giovane appoggiato alla porta - Alberto, loro sono gli amori della mia vita - A quelle poche parole, fece un singhiozzo e immediatamente la Sola le prese una mano, stringendogliela. Laura corse a sedersi davanti a Camila per stringerle l'altra - Ragazzi, ve lo dico alla mia maniera, ok? Ho un cancro ai bronchi, uso questo coso per respirare e Alberto sarà come la mia guardia del corpo durante il tempo in cui sarò a scuola- Certo, Camila sapeva che era stata brusca, erano rimasti tutti sotto shock e i pianti si erano infatti scatenati dopo qualche secondo in più di quelli che si sarebbe aspettata. C'erano alcuni che neanche lo accettavano, come la Rebecca, Jazmin e Piru, che non avevano detto una parola e non l'avevano neanche guardata. Poi c'era chi non piangeva perchè lo comprendeva e chi piangeva senza che lei se lo aspettasse.
Ora, piangeva anche lei. Stava perdendo in una sola volta 26 amori, e solo dentro a quella stanza. Al di fuori ce n'erano altri milioni.
Aveva cercato di tranquillizzare tutti e le mancava Jazmin. La ragazza era nell'angolo della classe che giocava con il suo elastico per capelli. Camila le si avvicinò.
-Jaz, vieni qui, qui ti voglio, su questo punto che non so se fa parte della mattonella o è lo sporco che i bidelli non sanno pulire - Ma Jazmin si riufiutava di ascoltarla. I compagni di classe le guardavano, conoscevano bene la loro intensa amicizia - Sei una stronza... Anzi, una vera troia
In quel minuto di silenzio, qualcuno aveva confessato ad Alberto che lì dentro esisteva un'affetto un pò bizzarro.
-...Senti chi parla... - Si sentì qualcuno mormorare - faresti meglio ad incominciare ad andare in strada, prima che venga io a rubarti il posto
Camila sorrise a quella frase che spesso si dicevano per ridere e controbattere ridendo ancora, e andò ad abbracciare la ragazza che scoppiò in un pianto esageratamente assurdo. Camila sapeva che per lei era straziante perdere un'amica così speciale nello stesso modo in cui aveva perso suo padre.
-Promettimi una cosa - Le sussurrò all'orecchio - non fare cazzate. Giuro sull'amore che provo per il mondo intero che se fai anche solo una cazzata, mi libero di tutto ciò che mi sta curando e non mi rivedrai mai più- E Camila parlava molto seriamente. Avrebbe preferito morire subito che vedere le braccia di Jazmin sanguinare il quadruplo del normare, o altro.
-Te lo prometto...
-Ok, bene, ora basta piangere, tutti quanti, mi avete sentito?
-C'è Cami, come fai a chiederci una cosa simile? P-Pensi che per noi sia facile?- Disse Rebecca un pò scocciata.
-E tu pensi che per me invece lo sia? Vedervi in questo stato per me? Per favore ragazzi, non voglio farvi pena, io sono sempre la stessa- Rispose Camila, sedendosi su un banco alto. Grosso errore, come avrebbe fatto a scendere? D'un tratto, qualcuno bussò alla porta ed entrò Benjamin. Quel ragazzo cercò tra tutti i visi arrossati di lacrime quello di Camila e alla fine lo trovò. Si avviò verso di lei, le mani gli tremavano e neanche sapeva il perchè. Però era così bella... in quel momento le sembrava un angelo, e non sapeva se fosse per l'espressione del viso o per il modo in cui le stava quella coda. Il cuore aveva cominciato a battergli forte quando la vide lì, seduta su quel banco, con quello sguardo docile e debole... In quel momento stava provando una tale sensazione di confusione, le farfalle nello stomaco, la coscienza che gli gridava mille cose tutte insieme, gli occhi quasi in lacrime al vederla in tutta la sua perfezione.
-Grazie, Benjamin- Sentì quella voce angelica, quasi gli fece venire il mal di orecchie per il troppo piacere di sentirla. Non si era nemmeno accorto di essere accanto a lei e che insieme stavano tenendo quella lattina di thè.
-Oh, aspetta...- La fermò, le tirò via di mano la lattina per aprirla e restituirgliela.
-Grazie... comunque avrei potuto farlo da sola - Disse lei, prima di bere un sorso di quel dolce liquido fresco. Benjamin quasi gemette quando vide le labbra arrossate e bagnate della giovane, avrebbe voluto prenderle il labbro inferiore e succhiarlo per assaporarne il gusto, e non parlava solo del limone - Ora puoi andare... e se ti sposti, posso scendere da qui
Il ragazzo abbassò la testa per guardare l'altezza di quel banco che già conosceva bene, tutti i banchi di quel laboratorio erano così alti.
-Posso aiutarti a scendere?
-Benjamin...! - Era un suono quasi acuto, scioccato, pensava che sarebbe stato vergognoso, e poi davanti a tutte quelle persone che sapevano che Camila andava pazza per lui. Sentì una mano che da dietro la spingeva delicatamente per incoraggiarla ad accettare - O-Ok...- La verità era che non ne era sicura di volerlo fare, e già era diventata rosso vivo in viso. Benjamin le fece un sorriso e lei arrossì ancor di più.

"Il sorriso dei giganti sulla tua bocca sta in un angolo ed è puro... incanto...".

Era strano vedere un sorriso sul volto di Benjamim, lui non sorrideva mai, ma la verità era che Camila riusciva a tirare fuori la felicità in lui. Benjamin si mise tra le sue gambe e avvicinò a sé la fanciulla. Lei cercò di non guardarlo negli occhi e mise la testa accanto la sua. Poi però, per impulso, sentì il suo profumo e quasi svenne. Lui non si metteva profumi maschili, semplicemente aveva il suo arma dolce e virile. Chiuse gli occhi e si fece trasportare.

"Il tuo profumo scotta".

Benjamin sapeva bene che lo stava annusando, poteva sentire el solletico che provocava il suo respiro contro il suo collo, poi anche lui riconobbe il profumo di fiori della sua pelle, un profumo che aveva già sentito tempo prima.
-Ora puoi mollarmi- Disse Benjamin, che la teneva in braccio. Camila aprì gli occhi di scatto e mise immediatamente i piedi per terra.
-Oh mio Dio, scusa, non volevo, perdonami tanto...- Si stava vergognando a morte, era diventata isterica e sentiva un estremo bisogno di spiegarsi.

"Il tuo sorriso dolce, che è cosa trasparente, che dopo non c'è niente. È così semplice e così profondo che azzera tutto il resto e fa finire il mondo".

Benjamin riusciva solo a sorridere, poi la prese per il mento per farla stare ferma. Si avvicinò pericolosamente a lei, che sentiva che le sarebbe scoppiato il cuore da quanto le batteva veloce.
-Aspetta - Esclamò, e lui si fermò solo a pochi millimetri dal suo viso - prima che tu possa fare qualsiasi cosa, sappi che ho paura di svenire. Quindi non fare niente, si?- Camila cercò inutilmente di spingerlo via, ma lui si avvicinò ancora di più, per poi cambiare direzione e baciarle la guancia, lenta e delicatamente.
-Ciao, Camila- Le sussurrò poi all'orecchio. In quel momento, lei aveva smesso di respirare e quasi si era vista a terra, incosciente. Si separò da lei, fece cadere il braccio e se ne andò con un sospiro rumoroso. Lei era rimasta immobile, gli occhi spalancati, mentre c'era chi applaudiva, chi fischiava, chi urlava e chi rideva. Addirittura Alberto aveva capito tutto.
-Oddio, Camila! - Esclamò Laura - Camila?
-Secondo me non è ancora ritornata sulla Terra- Affermò Roberta.
-Ahh! Eravate troppo carini e coccolosi!- Esclamò Rebecca.
-Camila? - Jazmin la scosse un pò - Camila!
-Ma chi si crede di essere quel ragazzo, scusate? Jesse Ward? Ma avete visto cosa ha fatto?
-Jà! Camila, non ti conviene parlare perchè tu non sei stata da meno- Le disse Francisco.
-Sì, cioè, no, questa è bella, ma l'hai annusato?- Le chiese Piru ridendo e gesticolando.
-Perchè, tu non lo avresti fatto?- Gli chiese Camila a bocca aperta.
-Io? Ma ovvio, anzi, io me lo sarei pure scopato sul banco!- E alla fine tutti risero, mentre Camila riprendeva la sua lattina e beveva quella bevanda che le calmò anche il cuore in fiamme.
 
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