| Capitolo 8, seconda parte
Aprile:
La vita per Camila non poteva sembrarle più caotica: prendeva sei pillole due volte al giorno, tutti i giorni, e portava gli occhialini per l'ossigeno. Certo, andare in giro con quella bombola pesante e piena d'aria non era semplice, così i dottori le avevano prescritto anche uno strano inalatore che, facendo cinque puf, le avrebbe allargato i bronchi per almeno tre ore. Oppure le avevano anche consigliato una bombola più piccola e rettangolare che avrebbe potuto portare come una borsa a tracolla, così sarebbe potuta andare in giro con gli occhialini per l'ossigeno e con un peso inferiore. Quella era una di quelle mattine in cui si svegliava debole e le bruciava il petto per la tanta tosse emessa durante la notte. Mentre era in macchina col padre, portava appoggiata sulle gambe, come una borsa, la sua bombola a tracolla. Guardò lo schermo del vecchio LG che le aveva regalato la Troia l'anno prima e vide che erano le sette e quarantacinque. Quelle prime due ore di lezione le avrebbe passate nel laboratorio del terzo piano, ed era già ansiosa e paurosa per quello che sarebbe accaduto. Per sciogliere l'enorme nodo che aveva allo stomaco, Camila guardò suo padre e gli sorrise. Gli occhi verdi di lui la guardarono spenti e vuoti, occhi che avrebbe tanto voluto riaccendere. Ma le sorrise anche lui. I due si amavano tanto che non avevano ancora accettato la situazione, ed erano convinti ancora che fosse una cosa de nulla quello che lei aveva. Quelli erano i momenti in cui si sentiva come Hazle Grace di Colpa delle stelle.
"C'è solo una cosa peggiore di morire di cancro: avere un figlio che muore di cancro".
Questa, era la loro frase. Erano arrivati a scuola alle otto e venti, e un ragazzo sui venticinque anni li aspettava davanti al portone. -Salve, io sono Alberto- Si presentò il giovane castano dagli occhi marroni, porgendo la mano. -Io sono Martin e lei è mia figlia, Camila Bordonaba -Salve- Salutò educatamente lei, e il giovane le rispose con un sorriso. Alberto era stato chiamato da Martin per rimanere sempre con Camila in ambito scolastico, per controllare che stesse bene e, siccome era un dottore oltre a ad essere un insegnante di sostegno, aiutarla nel caso si fosse sentita male. Doveva anche accompagnarla e andare a prenderla in stazione. A Camila sembrava eccessivo tutto ciò, ma era stato soprattutto il padre a volere questa protezione per la figlia: tutto purché non soffrisse di alcun dolore. Martin ci teneva davvero tanto... Mentre i due uomini erano andati a parlare con il coordinatore di classe e la preside sulla sua situazione, lei aspettava in bidelleria camminando avanti e indietro sempre sugli stessi passi. Cercava di ignorare gli sguardo degli alunni, dei professori e dei bidelli, dispiaciuti per quella ragazza che li aveva sempre fatti divertire, ma anche impazzire. Invece ora le stava capitando... questo. Camila aumentò di poco il livello d'ossigeno per aiutare i battiti frettolosi del suo cuore a calmarsi. Il fatto era che era troppo, troppo in ansia... -Camila?- Quella voce profonda e roca la colpì dritto alla schiena, fancendola rimanere in allerta. Camila si chiese perché lui doveva essere sempre lì, dietro o davanti a lei, a chiamarla per nome, quasi volendone assaporare le lettere. La ragazza si girò e l'espressione del ragazzo diventò più cupa e seria mentre studiava il suo corpo come se fosse una mappa: i pantaloni attillati di finta pelle nera, le solite scarpe nere e la canotta azzurra di lana con bottoncini oro sull'alto - uno sbottonato e uno che gridava disperatamente di essere liberato. La sua schiena era un vedo/non vedo che creava il pizzo azzurro, un filo infinito che formava disegni che gli ricordavano la ricca vita degli anni '20. Aveva un aspetto migliore di quello dell'ultima volta che l'aveva vista, i capelli erano legati all'indietro in una coda un pò alta, la pelle era bianca e aveva occhiaie che le pupille verde acceso nascondevano. Poi il suo sguardo inciampò sul tubicino che le avvolgeva delicatamente il viso. Ne seguì il percorso e i suoi occhi si fermarono su ciò che gli ricordava una grande borsa a tracolla. Camila si agitò un pò nel vedere il suo sguardo fisso alla bombola, così indietreggiò di un passo ed incominciò a parlare: -Cosa c'è, Benjamin?- Gli chiese, incominciado ad arrossire e rimproverandosi per quello. La verità è che lo trovava troppo attraente con i capelli spettinati, la polo blu e i jeans grigio chiaro. -Io... s-stai bene? -No, non sto bene -Scusa, Camila, per aver allargato troppo lo sguardo... -Senti Bemjamin, non sono dell'umore adatto, quindi dimmi quello che mi devi dire, sennò vattene -Hai bisogno di qualcosa? -Benjamin, io... - Camila aveva incominciato arrogante, però, dietro di lui Patty e Gigi - così soprannominavano i due bidelli - le avevano fatto cenno di accettare. E poi si ricordò che quella mattina si era sentita debole e le bruciava il petto - Ok. Va bene. Potresti... andare a prendermi alle macchinette un thè freddo al limone?- Gli chiese porgendogli i soldi. -Oh, no, ti prego. Faccio io- Si era offerto lui. -Non ho bisogno della tua carità, Benjamin- Il suo tono fu come una pugnalata dritto alle orecchie del ragazzo. -Non è per carità... e poi, io ho la chiavetta- Disse lui facendogliela vedere. Alla fine, Camila cedette con un sospiro. Tutto costava meno con la chiavetta. -Ok, daccordo. Mi trovi nel laboratorio del terzo piano, se non qui- Lo avvertì. Quando lui se ne andò, lei entrò in presidenza, stanca si aspettare - Ma insomma, devo aspettare ancora per molto? Ho rampe di scale da fare, una notizia da dare, lacrime da asciugare e un thè freddo che mi aspettano. Sono una ragazza impegnata anche io- I sorrisi di compassione e di divertimento dei quattro adulti fecero sorridere anche lei. Alla fine, si ritrovò davanti alla porta del laboratorio. Erano saliti in ascensore, il che le sembrava meglio che fare 27 scalini. -Camila, ce la puoi fare e se hai bisogno di aiuto posso intervenire io- Disse Alberto. Era così rassicurante quel giovane adulto. Lei annuì e fece un ultimo respiro profondo prima di aprire la porta. -... se dovete discutere dei vostri problemi potete farlo ora o in privato fuori- Diceva Rebecca, che era una delle rappresentanti di classe. -Ciao Camila...- La salutò Laura con uno sguardo sconvolto. Camila cercò con lo sguardo Jazmin e, come sospettava, i suoi occhi erano pura angoscia mentre si bagnavano e una sua mano le copriva la bocca spalancata. -Ciao... - La sua voce delicata attirò l'attenzione, e tutti si girarono per guardarla - Assemblea di classe? -Sì... Vieni Cami, siediti qua- Le disse Rebecca, che spinse un pò la Sola per farla sedere in mezzo a loro sulla cattedra. Camila si sedette senza riuscire a guardare negli occhi i suoi compagni, senza sapere come incominciare un discorso su una cosa che già stavano vedendo. Tirò un sospiro. -Ragazzi, lui è Alberto - Disse Camila indicandolo, e tutti guardarono il giovane appoggiato alla porta - Alberto, loro sono gli amori della mia vita - A quelle poche parole, fece un singhiozzo e immediatamente la Sola le prese una mano, stringendogliela. Laura corse a sedersi davanti a Camila per stringerle l'altra - Ragazzi, ve lo dico alla mia maniera, ok? Ho un cancro ai bronchi, uso questo coso per respirare e Alberto sarà come la mia guardia del corpo durante il tempo in cui sarò a scuola- Certo, Camila sapeva che era stata brusca, erano rimasti tutti sotto shock e i pianti si erano infatti scatenati dopo qualche secondo in più di quelli che si sarebbe aspettata. C'erano alcuni che neanche lo accettavano, come la Rebecca, Jazmin e Piru, che non avevano detto una parola e non l'avevano neanche guardata. Poi c'era chi non piangeva perchè lo comprendeva e chi piangeva senza che lei se lo aspettasse. Ora, piangeva anche lei. Stava perdendo in una sola volta 26 amori, e solo dentro a quella stanza. Al di fuori ce n'erano altri milioni. Aveva cercato di tranquillizzare tutti e le mancava Jazmin. La ragazza era nell'angolo della classe che giocava con il suo elastico per capelli. Camila le si avvicinò. -Jaz, vieni qui, qui ti voglio, su questo punto che non so se fa parte della mattonella o è lo sporco che i bidelli non sanno pulire - Ma Jazmin si riufiutava di ascoltarla. I compagni di classe le guardavano, conoscevano bene la loro intensa amicizia - Sei una stronza... Anzi, una vera troia In quel minuto di silenzio, qualcuno aveva confessato ad Alberto che lì dentro esisteva un'affetto un pò bizzarro. -...Senti chi parla... - Si sentì qualcuno mormorare - faresti meglio ad incominciare ad andare in strada, prima che venga io a rubarti il posto Camila sorrise a quella frase che spesso si dicevano per ridere e controbattere ridendo ancora, e andò ad abbracciare la ragazza che scoppiò in un pianto esageratamente assurdo. Camila sapeva che per lei era straziante perdere un'amica così speciale nello stesso modo in cui aveva perso suo padre. -Promettimi una cosa - Le sussurrò all'orecchio - non fare cazzate. Giuro sull'amore che provo per il mondo intero che se fai anche solo una cazzata, mi libero di tutto ciò che mi sta curando e non mi rivedrai mai più- E Camila parlava molto seriamente. Avrebbe preferito morire subito che vedere le braccia di Jazmin sanguinare il quadruplo del normare, o altro. -Te lo prometto... -Ok, bene, ora basta piangere, tutti quanti, mi avete sentito? -C'è Cami, come fai a chiederci una cosa simile? P-Pensi che per noi sia facile?- Disse Rebecca un pò scocciata. -E tu pensi che per me invece lo sia? Vedervi in questo stato per me? Per favore ragazzi, non voglio farvi pena, io sono sempre la stessa- Rispose Camila, sedendosi su un banco alto. Grosso errore, come avrebbe fatto a scendere? D'un tratto, qualcuno bussò alla porta ed entrò Benjamin. Quel ragazzo cercò tra tutti i visi arrossati di lacrime quello di Camila e alla fine lo trovò. Si avviò verso di lei, le mani gli tremavano e neanche sapeva il perchè. Però era così bella... in quel momento le sembrava un angelo, e non sapeva se fosse per l'espressione del viso o per il modo in cui le stava quella coda. Il cuore aveva cominciato a battergli forte quando la vide lì, seduta su quel banco, con quello sguardo docile e debole... In quel momento stava provando una tale sensazione di confusione, le farfalle nello stomaco, la coscienza che gli gridava mille cose tutte insieme, gli occhi quasi in lacrime al vederla in tutta la sua perfezione. -Grazie, Benjamin- Sentì quella voce angelica, quasi gli fece venire il mal di orecchie per il troppo piacere di sentirla. Non si era nemmeno accorto di essere accanto a lei e che insieme stavano tenendo quella lattina di thè. -Oh, aspetta...- La fermò, le tirò via di mano la lattina per aprirla e restituirgliela. -Grazie... comunque avrei potuto farlo da sola - Disse lei, prima di bere un sorso di quel dolce liquido fresco. Benjamin quasi gemette quando vide le labbra arrossate e bagnate della giovane, avrebbe voluto prenderle il labbro inferiore e succhiarlo per assaporarne il gusto, e non parlava solo del limone - Ora puoi andare... e se ti sposti, posso scendere da qui Il ragazzo abbassò la testa per guardare l'altezza di quel banco che già conosceva bene, tutti i banchi di quel laboratorio erano così alti. -Posso aiutarti a scendere? -Benjamin...! - Era un suono quasi acuto, scioccato, pensava che sarebbe stato vergognoso, e poi davanti a tutte quelle persone che sapevano che Camila andava pazza per lui. Sentì una mano che da dietro la spingeva delicatamente per incoraggiarla ad accettare - O-Ok...- La verità era che non ne era sicura di volerlo fare, e già era diventata rosso vivo in viso. Benjamin le fece un sorriso e lei arrossì ancor di più.
"Il sorriso dei giganti sulla tua bocca sta in un angolo ed è puro... incanto...".
Era strano vedere un sorriso sul volto di Benjamim, lui non sorrideva mai, ma la verità era che Camila riusciva a tirare fuori la felicità in lui. Benjamin si mise tra le sue gambe e avvicinò a sé la fanciulla. Lei cercò di non guardarlo negli occhi e mise la testa accanto la sua. Poi però, per impulso, sentì il suo profumo e quasi svenne. Lui non si metteva profumi maschili, semplicemente aveva il suo arma dolce e virile. Chiuse gli occhi e si fece trasportare.
"Il tuo profumo scotta".
Benjamin sapeva bene che lo stava annusando, poteva sentire el solletico che provocava il suo respiro contro il suo collo, poi anche lui riconobbe il profumo di fiori della sua pelle, un profumo che aveva già sentito tempo prima. -Ora puoi mollarmi- Disse Benjamin, che la teneva in braccio. Camila aprì gli occhi di scatto e mise immediatamente i piedi per terra. -Oh mio Dio, scusa, non volevo, perdonami tanto...- Si stava vergognando a morte, era diventata isterica e sentiva un estremo bisogno di spiegarsi.
"Il tuo sorriso dolce, che è cosa trasparente, che dopo non c'è niente. È così semplice e così profondo che azzera tutto il resto e fa finire il mondo".
Benjamin riusciva solo a sorridere, poi la prese per il mento per farla stare ferma. Si avvicinò pericolosamente a lei, che sentiva che le sarebbe scoppiato il cuore da quanto le batteva veloce. -Aspetta - Esclamò, e lui si fermò solo a pochi millimetri dal suo viso - prima che tu possa fare qualsiasi cosa, sappi che ho paura di svenire. Quindi non fare niente, si?- Camila cercò inutilmente di spingerlo via, ma lui si avvicinò ancora di più, per poi cambiare direzione e baciarle la guancia, lenta e delicatamente. -Ciao, Camila- Le sussurrò poi all'orecchio. In quel momento, lei aveva smesso di respirare e quasi si era vista a terra, incosciente. Si separò da lei, fece cadere il braccio e se ne andò con un sospiro rumoroso. Lei era rimasta immobile, gli occhi spalancati, mentre c'era chi applaudiva, chi fischiava, chi urlava e chi rideva. Addirittura Alberto aveva capito tutto. -Oddio, Camila! - Esclamò Laura - Camila? -Secondo me non è ancora ritornata sulla Terra- Affermò Roberta. -Ahh! Eravate troppo carini e coccolosi!- Esclamò Rebecca. -Camila? - Jazmin la scosse un pò - Camila! -Ma chi si crede di essere quel ragazzo, scusate? Jesse Ward? Ma avete visto cosa ha fatto? -Jà! Camila, non ti conviene parlare perchè tu non sei stata da meno- Le disse Francisco. -Sì, cioè, no, questa è bella, ma l'hai annusato?- Le chiese Piru ridendo e gesticolando. -Perchè, tu non lo avresti fatto?- Gli chiese Camila a bocca aperta. -Io? Ma ovvio, anzi, io me lo sarei pure scopato sul banco!- E alla fine tutti risero, mentre Camila riprendeva la sua lattina e beveva quella bevanda che le calmò anche il cuore in fiamme.
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